di don Chino Pezzoli
Ci sia permesso almeno di far presente che noi preti e vescovi siamo diversi, non migliori degli altri, solo diversi nei comportamenti, nel modo di far funzionare la coscienza in certi momenti della nostra vita. Si va dicendo che vescovi e sacerdoti solo dopo gli scandali messi in pubblico fanno il «mea culpa». Può darsi, le circostanze storiche, la sensibilità dei cittadini, gli stessi scandali esplosi nella Chiesa hanno messo in atto unautoverifica e se vogliamo dare a questa indagine interiore un nome che ci appartiene, chiamiamola esame di coscienza. Sì, noi credenti (magari qualcuno dirà in ritardo) siamo capaci di fermarci, dispezionare le nostre zone erronee, di attribuirci le nostre colpe e errori e quindi autosospendersi o lasciarsi sospendere da un mandato, da una responsabilità. Non siamo bravi, ma solo agganciati a quello che ci suggerisce ogni giorno Cristo: «Guai agli scandali». Ci consiglia persino di appenderci una macina da molino al collo e sprofondare in mare se sporchiamo con la nostra vita «uno di questi piccoli». Sta proprio agganciata a Lui la nostra diversità, il saper dire, confessare ciò che è avvenuto, senza giustificazioni o facendo appello a scompensi psichici o patologie. So benissimo che questo non basta, le vittime restano con la loro anima segnata da un male terribile, violate nella loro sacra innocenza. Non cè gesto o parola che possa rimediare e nemmeno non esiste denuncia, reclusione del reo che ridia alla vittima la capacità di slegarsi dai suoi traumatici ricordi. Soprattutto rimane unangosciante domanda nella vittima: «Mi devo fidare della Chiesa, dei preti?». Necessita certamente una «nuova primavera» che dia alla Chiesa credibilità, visibilità di una statura morale ineccepibile. E il momento in cui noi religiosi e credenti ci impastiamo di carità, di povertà, di speranza, divenire quel «lievito» di fede che fa fermentare la pasta dellumanità. Ben venga quindi questo momento difficile per la Chiesa: uscirà certamente migliore! Sono certo che da questa prova usciremo diversi perché siamo diversi, sappiamo metterci in «sacco e cenere» e chiedere alle vittime di questo e di altri scandali il perdono.
Mi sia però consentito un richiamo a tutti pedofili. Sono migliaia i casi in cui i bambini vengono usati sessualmente da adulti crudeli, folli, perversi, alla ricerca di piacere. Organizzati in associazioni, i pedofili si passano materiale scottante (videocassette, cd-rom, siti) e, nel contempo, si danno identità di gruppo, di appartenenza, giustificando così la loro perversione. La notizia che dallItalia partono voli e comitive di pedofili per il Brasile per rivitalizzare la loro sessualità con ragazzini e ragazzine di undici, dodici anni, ci lascia sgomenti. Non sarebbe male rendere pubbliche queste imprese e cogliere in flagranza qualche personaggio intoccabile «dai pantaloni puliti e dalle mutande sporche». Non per un desiderio di par-condicio tra clero e laici, ma solamente per dare inizio a una liberazione più estesa dal male della pedofilia da alcuni esercitato, legittimato e spudoratamente pubblicizzato per avere proseliti. Ci sia veramente, come auspica qualche opinionista, una svolta sulla pedofilia, un cambiamento, una catarsi. Benedetto XVI di fronte al problema dei suoi vescovi e preti pedofili ha mostrato estremo rigore e risolutezza.
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