In questi giorni di Natale si è animato un acceso dibattito sui cinepanettoni, sul rilievo culturale che essi hanno o dovrebbero avere, sui finanziamenti pubblici che ricevono ed a quale titolo. Le prese di posizione ufficiali del ministero e del ministro Bondi hanno fatto presto chiarezza su circostanze, norme e deliberazioni ministeriali, sconfessando gran parte delle illazioni e delle fantasiose ricostruzioni apparse sulle principali testate nei giorni scorsi. Certamente tutto ciò ha contribuito ad aprire una riflessione sulla gestione del cinema italiano, sul rapporto tra politica e cultura, sulle modalità di erogazione dei finanziamenti statali. Una riflessione giusta e opportuna, che però, focalizzandosi soltanto sulle responsabilità del governo e dello Stato, ha colpevolmente dimenticato di approfondire il ruolo e i comportamenti di chi confeziona e distribuisce il prodotto cinema nel nostro Paese.
Come sempre ci si è chiesti cosa giustamente il governo può fare per modificare e correggere storture e iniquità, ma non ci si è domandati cosa possiamo fare noi per modificare questo stato di cose. Soprattutto cosa dovrebbe fare chi produce film che incontrano il consenso del pubblico e collezionano incassi che consentono di essere totalmente indipendenti da qualunque sovvenzione pubblica. Ecco, è a questo aspetto della vicenda che vorrei dedicare qualche riflessione.
Da mesi ormai in Italia è operativo un «pacchetto» di agevolazioni fiscali a favore del cinema italiano, introdotto, attraverso un mio emendamento, dalla legge finanziaria 2008. Queste agevolazioni, ovvero il «tax credit» e il «tax shelter», segnano una tappa fondamentale nelle strategie di intervento pubblico a sostegno del settore cinematografico. Larticolato pacchetto di aiuti, che prevede un «mix» di interventi di crediti di imposta («tax credit») e di detassazione sugli utili («tax shelter»), è entrato in vigore con valore retroattivo a partire dal mese di settembre dellanno 2008. Grazie a tale strumento, utilizzato da tempo nel mondo anglosassone e non solo, vengono coinvolti ed incentivati ad investire nel cinema italiano non soltanto produttori, esercenti e distributori del prodotto cinema, ma anche imprenditori non appartenenti alla filiera dellindustria cinematografica. Questo pacchetto di norme mira a rafforzare la competitività delle imprese nazionali, in una logica virtuosa, che mette per la prima volta in risalto un approccio di intervento da parte dello Stato di natura «indiretta», da affiancare ai tradizionali sovvenzionamenti diretti del Fondo Unico per lo Spettacolo. Lo Stato, da diretto operatore del settore o fonte di assistenza economica, modificando il suo tradizionale ruolo, diviene sempre più soggetto regolatore delle condizioni generali di esercizio delle diverse attività di comunicazione, in vista delleliminazione o, quanto meno, dellattenuazione degli effetti negativi che sul pluralismo complessivo dellofferta sono in grado di produrre le dinamiche naturali del mercato.
Lintervento dello Stato diviene quindi «sussidiario» rispetto a quello dei soggetti privati e inoltre si abbandona un sistema esposto alla pressione proveniente dalla complessa rete di interessi di settore a favore di strutture amministrative indipendenti, nelle quali il grado di imparzialità può benissimo conciliarsi con i più elevati livelli di competenza tecnica.
Una rivoluzione liberale, una svolta epocale nelle strategie di intervento pubblico a sostegno del settore cinematografico, dopo decenni di logica statalista e interventista. Un pacchetto di misure che consente allo Stato di abbandonare lapproccio assistenzialista tante volte criticato e al contempo fornisce al mondo del cinema uno strumento fondamentale per attirare capitali privati, che consentono di affrancarsi definitivamente da qualunque ingerenza della politica e ogni forma di dipendenza dai soldi pubblici.
Compito della politica e delle istituzioni è far conoscere queste norme. È per questo che il 18 gennaio del prossimo anno sarò al Pirellone di Milano per presentare alle industrie italiane che hanno sede in Lombardia concreti progetti di film che possono essere finanziati attraverso «tax credit» e «tax shelter».
Sono da sempre persuasa che lo sviluppo del settore cinematografico sia indissolubilmente legato alla capacità dei suoi attori di farsi protagonisti, individuando e reperendo le risorse economiche necessarie sulla base di meccanismi di mercato, basati sulla qualità del prodotto. Il passaggio da un quadro regolamentare assistenzialistico ad una logica di mercato, permetterà agli operatori di concentrarsi sulla produzione di opere in grado di competere sia in ambito locale che sui mercati internazionali.
Sono convinta che se il risultato in questo campo sarà positivo, il «tax shelter» e il «tax credit» potranno essere applicati anche in altri settori, diventando strumenti perfetti per un rilancio dellintera industria culturale italiana.
* parlamentare del Pdl
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