L’intervento L’esercito di pavidi che vuole sangue

Caro Renato Farina,
su mille cose non la penso come te, ma darei la vita per difendere il tuo diritto a distinguere e ragionare.
Leggo su Internet che certi mascalzoni, loro sì nazisti e comunisti - i polacchi, abbreviando, li chiamerebbero «nazicomunisti» - ti definiscono «mostro nazista», altri avanzi di sezioni del Pci pongono micidiali domande retoriche del tipo: «Uccidere Renato Farina è proprio un danno sociale?». Ti hanno da poco tolto la scorta, ma credo che sarebbe opportuno ripristinartela, magari distraendola da qualche politico di lungo corso che, non esponendosi mai, di rischi non ne corre. Purtroppo, a furia di criminalizzazioni ed anatemi, come accadde al professor Biagi, può scappare fuori qualche strafatto di coca e di Lenin, per farti del male, amico e collega Renato, colpevole soprattutto di essere cattolico romano, fattispecie di reato - vedi il caso Binetti -, ormai perseguibile d’ufficio.
Per giunta, sei pure berlusconiano, un’aggravante già contemplata dal Csm e dalla nostra giurisprudenza di lotta e di governo.
Ti sognano morto, per giunta, perché hai osato esercitare il giudizio critico su questa benedetta legge sull’omofobia, la quale, a pensarci bene, è una stronzata razzista, visto che marca addirittura a livello penale la diversità.
In casa Lehner abbiamo convissuto benissimo con una consanguinea lesbica, senza mai considerarla «diversa» da noi. L’abbiamo amata e rispettata, né lei, sobria, riservata e per nulla esibizionista, pur senza nascondere la sua relazione con la donna del cuore, pretese mai trattamenti privilegiati o alternativi, sentendosi semplicemente una Lehner.
Dunque, non essendo razzista, egregio Renato, ti ammazzerebbero.
È pazzia pura? Credo di no. Il comunismo, assunto come grumo di violenza, intolleranza, ottusa disumanità, non è morto. La serpe striscia sempre contro le persone perbene, pur travisata sotto le nuove bandiere fondamentaliste, cariche di odio e di livore.
Se un coordinatore del Pd ritiene che un «provvidenziale» colpo alla nuca per togliere di mezzo Berlusconi sia una forma di opposizione politicamente esemplare, vuol dire che la paranoia staliniana del «nemico del popolo» ancora ossessiona ed inquina l’area di Bersani e Franceschini, un habitat, essendo mancati i conti con la Storia, mai derattizzato.
Il compagno Matteo Mezzadri, feroce pronipote di Stalin, l’ha scritto, altri più ipocriti lo pensano e, da vigliacchi, attendono il messia sicario.
Quando, in una lettera ufficiale al capo dello Stato, Antonio Di Pietro paragona Berlusconi e Pdl a Hitler e al nazismo non si tratta solo di analogismo ignorante, bensì di ferocia condensata dall’invidia sociale, cioè dall’odio di classe trasmigrato nel corpo di un arrivista. È intossicazione interiore, che cova dai tempi di «Quello... io lo sfascio».
La pulsione omicida, come pensiero, e, speriamo mai, come azione, è la spada di Damocle ritornante sugli italiani brava gente.
Prima, Nap, Br, terroristi neri, partiti comunisti combattenti, quindi gli islamici, adesso rimontano anche le rozze e criminali semplificazioni di chi pensa che Che Guevara, assassino, dopo essere stato ginecologo sadico e violentatore, sia venerabile come un eroe purissimo.


Amico Renato, fatti restituire subito la scorta, visto che anche quello là ha testé sinistramente scritto, riferendosi all’atteso omicidio di giornalisti come Farina: «Non osiamo quantificare il danno sociale di una loro eventuale scomparsa dalla scena pubblica. Ma solo per il timore di svegliarci da un bel sogno» (cfr. il Fatto quotidiano, 15/10/2009).
Con affetto, dal tuo fratello laico.

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