di Stefano ValvasonLa storica vittoria della nostra concittadina Francesca Schiavone al torneo del Roland Garros consente di fare un paragone con le piccole e medie imprese del nostro territorio. Come la tennista milanese, anche le nostre pmi sembravano partire da sfavorite nella competizione globale durante la crisi: non avevano il fascino o la potenza muscolare (immagine, strutture, risorse finanziarie, sistemi-Paese più efficienti) dei colossi americani, delle multinazionali tedesche o delle tigri asiatiche. Lavorando sul talento (creativo e tecnologico, sulla varietà dei colpi (la capacità d'innovazione) sulla caparbietà e sulla volontà di rischiare, sono andate a conquistarsi mercati e fatturati in tutto il mondo proprio come la Schiavone si è guadagnata ogni punto vincente in tutti gli angoli di quel mitico rettangolo di terra rossa. Ma, a differenza della bravissima Francesca, le pmi milanesi non hanno ancora vinto la loro sfida, cioè superare la crisi.
Secondo l'ufficio studi di Confapi Milano, le previsioni degli imprenditori milanesi per il primo semestre 2010 delineano, infatti, un quadro ancora caratterizzato da incertezza. Il saldo atteso per gli ordini, ad esempio, passa da -37% di fine 2009 all'attuale -10%, mentre quello per il fatturato risale da -43% a -17%. Unico dato positivo gli investimenti, tornati a crescere (+11%). Ciò dimostra che l'imprenditore continua a crederci, gli sono bastati pochi segnali a sostegno della dinamica di ripresa, per girare il mondo a proporre innovazione e prodotti di qualità a nuovi mercati. A fronte di questa rinata capacità di intraprendere e produrre lavoro, servirebbe allora una maggiore sensibilità politica, pur riconoscendo come necessarie alcune scelte dolorose da compiere. In sostanza: è davvero difficile accettare che un provvedimento intitolato alla «stabilizzazione finanziaria e alla competitività economica», come è stata etichettata la manovra approvata dal governo, ponga ulteriori oneri a capo delle imprese di minori dimensioni e meno strutturate, quali le trattenute sugli incassi da parte delle banche per le piccole imprese del settore edile e la trasmissione elettronica delle fatture di importo superiore a 3.000 euro. Paradossalmente, un altro intervento annunciato sul fronte della semplificazione amministrativa, potrebbe rivelarsi un boomerang: la proposta di modifica dell'articolo 41 della Costituzione sulla libertà dimpresa, che consentirebbe l'autocertificazione per diversi adempimenti, sarebbe un vantaggio reale per le piccole imprese se si accompagnasse di pari passo a una rigorosa attività di controllo a campione, per evitare fenomeni di concorrenza sleale, assai frequenti in settori come l'edilizia.
A fronte di una difficoltà a erogare misure vere di sostegno alla ripresa, sarebbe almeno il caso di non aggiungere altre incombenze burocratiche e pressioni finanziarie al carico gravoso cui le pmi sono già sottoposte.
Se la ripresa appare oggi come una difficile rincorsa al fatturato e al mercato, che almeno le istituzioni e la politica non la trasformino in una corsa a ostacoli.
*Direttore generale
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