L’intervento Via gli sprechi, ma senza mortificare il merito

(...) Il peso della manovra finanziaria, pur se non paragonabile a quelle di Amato e Ciampi, è rilevante e non mancano timori che possa ripetersi in un non lontano futuro. Per questa semplice ragione la sua equità è fondamentale perché venga accettata. L’esempio deve venire dall’alto, dai taglio prima di tutti dai costi non necessari della politica e delle istituzioni complessivamente intese. Ciascuno di questi soggetti deve fare la sua parte, in primo luogo i partiti che debbono rinunciare a una fetta consistente dei rimborsi elettorali. Se da una parte c’è un largo consenso per una incisiva lotta all’evasione, dall’altra i cittadini non accettano più, perché questa volta sono direttamente colpiti, i privilegi della politica. Se la crisi ci spinge alla costruzione di una nuova europa sovranazionale con politiche e regole sempre più omogenee, è imperativo che il nostro paese costruisca la ripresa economica sulla base di una accresciuta competitività dell’intero «Sistema Italia» sui mercati internazionali. Sia il privato che la Pubblica Amministrazione debbono ridurre il costo del lavoro per unità di prodotto ma in quest’ultima, per ragioni note il compito è arduo. Il sacrificio imposto ai pubblici dipendenti con il blocco della contrattazione è rilevante ma nello stesso tempo si chiede alla Pubblica Amministrazione di essere funzionale alla modernizzazione e all’efficienza del paese oltre che a garantire un’efficiente rete del Welfare. Per questa ragione la manovra sulle retribuzioni pubbliche non può essere accettata, a maggior ragione nelle realtà più virtuose, così come si prospetta. Al puro e semplice congelamento di tutte le retribuzioni va contrapposta una prassi contrattuale a livello aziendale fatti di scambi possibili tra incrementi retributivi mirati e aumento dell’efficienza e della qualità dei servizi. Un’articolazione contrattuale territoriale e aziendale che, come nei settori privati, riconosce nei contratti nazionali i livelli necessari garantiti a tutti i lavoratori interessati. Questa è la sfida, federalista e solidale, che il sindacato deve lanciare vai propri interlocutori, in particolare a quelli pubblici. Per troppo tempo abbiamo gestito i dipendenti pubblici come una realtà indifferenziata creando le gabbie salariali alla rovescia giacche non si è mai tenuta in nessuna considerazione il differente costo della vita nelle varie realtà. Del resto è il ministro Brunetta che, nell’invocare maggiore equità nella manovra, sostiene che occorre «lasciare inalterata la massa salariale nel pubblico impiego trovando comunque, grazie al blocco del turn over e ai risparmi organizzativi, le risorse per premiare il merito». Questo è il punto da cui deve partire anche il Comune di Milano per costruire margini che in misura ragionevole debbono essere destinati alla contrattazione integrativa interna in una logica di scambio tra efficienza e retribuzione.

Per questo è essenziale che il lavoro avviato dal sindaco di Milano sia il più efficace e il più trasparente possibile coinvolgendo nella discussione anche le organizzazioni sindacali.
Walter Galbusera
*Segretario regionale Uil Lombardia

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