A un primo sguardo sembrerebbe uno di quei romanzi chick-lit scritti da autori maschi che mettono insieme il pranzo con laperitivo serale attraverso quel facchinaggio editorial-letterario così tipico del nostro tempo. Un libro zuppo di pseudo-sensibilità femminile e di dialoghi à la Sex & The City. Poi, però, lo si legge con meno fretta e si scopre che ha ragione il recensore del Times: Un giorno di David Nicholls (Neri Pozza, pagg. 480, euro 17,50) può ricordare il miglior Nick Hornby ed è «un libro sulla solitudine, sulla selvaggia casualità del fato, sul tragico gap tra le aspirazioni della giovinezza e quei compromessi che finiamo per sopportare». Un romanzo doloroso, algido, evanescente quanto sottilmente drammatico, come la musica ambient di certi aeroporti o come alcuni telefilm allapparenza grezzi, epperò veri. Di fatto, Nicholls e la Tv si conoscono bene. «Prima di lavorare per la Tv, però - ci racconta Nicholls - sono stato attore di teatro. A un certo punto decisi di smettere. O meglio: gli altri decisero per me. Non trovavo lavoro».
Ma più del teatro, poté la Tv. Lei ha scritto notevoli adattamenti televisivi di classici letterari.
«Sono cresciuto guardando la Tv: non la considero uno strumento negativo, anti-letterario. Oggi uno scrittore televisivo ha molto più controllo sul prodotto finale di uno del cinema. Ho fatto adattamenti fedeli e altri liberi e gioiosi, come da Molto rumore per nulla. Non bisogna angosciarsi troppo sullargomento: nel mio adattamento di Tess di Thomas Hardy cè una situazione che nel libro accade, per così dire, fuori scena, ma che in Tv va rappresentata. Si perde il linguaggio descrittivo, è vero, ma lo spettatore ci guadagna in coinvolgimento emotivo. Dopo la nostra messa in onda Tess divenne un bestseller».
Ma perché adattare romanzi per la tv? È la Tv che non ha fantasia o si vuol spingere lo spettatore a leggersi il libro?
«Vorrei che fosse la seconda, ma non è così. Fare programmi originali è costoso e rischioso. Cè poi una scarsa fiducia nella capacità del pubblico di compiere scelte nuove. Anchio, se fossi un dirigente televisivo, non saprei cosa scegliere tra una produzione inedita e coraggiosa o ladattamento da unopera che ha già avuto il suo successo letterario. La tv è sotto pressione».
Veniamo a Un giorno. I due protagonisti Emma e Dexter hanno una breve relazione, poi si perdono di vista. Oggi non si scrive più di matrimonio e adulterio, ma di atti mancati.
«Vero. Da adolescente pensavo che la ricerca del proprio partner dovesse iniziare verso i 17 anni e concludersi a 21. Oggi, questa ricerca si è spostata verso i 40 e spesso rimane aperta, delusa, falsata. I problemi relazionali, anziché venire dopo il matrimonio, magari sotto forma di adulterio, arrivano prima. Un tempo, avere un rapporto stabile con qualcuno senza essere sposati era considerato un esempio di libertà. Oggi è una fuga dalla solitudine».
Quanto cè di autobiografico in Un giorno?
«Ho avuto esperienze più simili a quelle di Emma che di Dexter. Sono stato in tutti i posti dovè stata lei, eccetto che in India, ho lavorato negli stessi terribili ristoranti dove lavora lei. La vita di Dexter, sebbene più triste è anche più divertente. Purtuttavia, Emma cest moi».
Il suo prossimo libro?
«Sto lavorando alla sceneggiatura di Un giorno e non ci penso ancora. Certo sarà un libro diverso dagli altri.
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