È il vero guastatore del rock moderno, colui che lha rivoltato come un calzino «infettandolo» con il blues spurio, col rumorismo, con suoni tribali e schematici che fanno rizzare i capelli persino ad Elvis e ai Rolling Stones. Il battitore libero Jon Spencer - che saltabecca guidando gruppi di culto ma con enorme seguito come Pussy Galore, Boss Hog e soprattutto con la sua Blues Explosion - ha fatto a pezzi le convenzioni armoniche e al tempo stesso ha insegnato la strada a band di successo come i White Stripes. In questi giorni sono uscite le ristampe di classici - remasterizzati e in doppio cd con inediti - di Orange, Acme, Now I Got Worry più lantologia Dirty Shirt RnR, ma lui progetta continuamente grandi sconquassi e, a primavera, un nuovo tour italiano.
Lei è la cattiva coscienza del rock.
«Al contrario, sono colui che torna alle origini blues. Niente orpelli e suoni selvaggi. Alle mie radici cè il suono della Sun Records e quello del Mississippi destrutturato e riadattato alloggi».
Quindi cosè il rock per lei?
«Una forza rivoluzionaria che il business ha reso inoffensiva. Perciò ho dovuto uccidere il rock per ridargli la sua purezza».
Qualcuno potrebbe obiettare che nei suoi brani cè caos e rumore.
«Cè un concentrato di energia, un misto di blues punk e di tutti gli stili mescolati, cè soprattutto energia ma, a modo mio, anche un profondo senso della melodia».
La sua è una ricetta che paga. Ha un folto pubblico in tutto il mondo e la formula a trio della Blues Explosion ormai è imitata da molti, compresi i White Stripes.
«Non ho nulla contro i brani commerciali, ma credo che il rock abbia senso solo se è selvaggio e senza limiti. Molti giovani per fortuna seguono questa strada».
Lei tiene i piedi in almeno tre gruppi.
«Pussy Galore è stata la mia prima avventura, vivevo ancora a Washington, e la faccio rivivere con parsimonia. Trasferitomi a New York ho fondato il gruppo aperto Boss Hog, che ancora oggi ogni tanto rinasce con personaggi sempre nuovi. Presto torneremo con un disco acustico ma dai suoni più squassanti di quelli elettrici. Blues Explosion, con Judah Bauer e Russell Simins, è il mio ariete ufficiale per scardinare il rock».
Con lei hanno collaborato gli artisti più diversi; da guru del soul e del blues come Solomon Burke, Thomas e R.L. Burnside a Beck e i Beastie Boys.
«Tutta gente che ha una visione elastica e creativa della musica. Burnside è il mio maestro. Ora è morto ma quando abbiamo inciso A Ass Pocket of Whiskey aveva più di 70 anni eppure suonava la chitarra in modo più indiavolato e cattivo di noi. Era un vero figlio del diavolo; Solomon Burke era un marpione che cantava con lanima sia gli inni sacri che le canzoni sconce. Tra i moderni Beck è uno degli artisti che sperimenta di più, infatti ha rifatto i classici del blues con lelettronica».
Si sente un ribelle o un provocatore?
«Per nulla; il mio suono è semplice, rumoroso ma strettamente legato alle radici.
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