L’INTERVISTA 4FRANCESCO GUIDOLIN

Francesco Guidolin, cosa ci fa a Udine la coppia Di Natale-Sanchez? Con loro la Juve dove sarebbe?
«Di Totò si sa tutto, si aggiungono solo altri aggettivi - risponde il tecnico dell'Udinese -, da straordinario in su vanno bene. Qui abbiamo scommesso su Sanchez trequartista, mezza punta. Aveva sempre giocato da esterno, quando sono arrivato avevo ipotizzato l'idea di sistemarlo dietro le o la punta».
E' questo il segreto dell'Udinese?
«Sì perchè centralmente è ancora più decisivo, magari partendo dall'esterno. Si è comportato molto bene da numero 10, è più imprevedibile, meno controllabile. Con due attaccanti rapidi la posizione è fondamentale».
A Parma chiuse all'ottavo posto, con 50 punti, fermando tutte le grandi, eppure il presidente Ghirardi rifiutò di allungarle il contratto. Voleva divertirsi di più, adesso è quint'ultimo...
«Preferisco sempre i fatti alle parole. Ho capito la scorsa primavera che era meglio facessi le valigie, per non rovinare un periodo bellissimo con la promozione e l'Europa avvicinata. Senza sbattere la porta, non è mai stato nel mio stile».
Ovunque abbia lavorato ha lasciato un'eredità splendida ai tifosi, più che fra i dirigenti. Escluso a Bologna.
«Mi affido ai risultati e ai ricordi che può avere la gente: a Vicenza, Bologna, Palermo. Senza dimenticare la gavetta».
Questa Udinese è il capolavoro di 23 anni di carriera, di tecnico più longevo della A?
«Non amo enfatizzare. So di avere una squadra con qualità, dalla propensione a giocare in avanti. Manteniamo questa mentalità, il gruppo è molto giovane, miglioriamo dove serve: in 3 trasferte abbiamo segnato 10 gol, ma ne abbiamo subiti 9. Lo stile di gioco più adatto è offensivo, non sarò certo io a frenare il talento».
Questa è la più pazza fra le squadre di Guidolin, di solito attento al contenimento?
«Non mi sono mai ritenuto un allenatore che pensa prima a non prenderle. A qualsiasi giocatore ho sempre insegnato a essere propositivo: già a Vicenza, che in serie A sembrava spacciato, ripetevo che nel massimo campionato raramente le partite finiscono 0-0, serve il coraggio di osare».
Il quarto posto è a 5 punti, sarebbe bastata una partenza dignitosa per bissare il traguardo conquistato da Spalletti sei anni fa?
«La classifica è meritata, in avvio non fummo neanche molto fortunati».
Ranieri a 55 anni arrivò alla Juve, Del Neri a 60. Lei a 55 crede ancora a una grande?
«Per fortuna spesso le squadre che ho allenato si sono proiettate nelle zone alte. Spero di finire la mia carriera a Udine, la piazza dove preferisco stare e che mi somiglia di più».
Dan Peterson è tornato a 75 anni, Mondonico a 63 festeggerà venerdì le 1050 panchine in carriera. Lei vuole fermarsi prima?
«Di sicuro. Sono vicino alle 500 in A, non sono primati determinanti.

Fra non molte stagioni ricomincio a dedicarmi ad altro, la vita in panchina leva molto, prevedo un futuro sereno, con meno tensione. Allenare invecchia».
Come si immagina?
«A parte il ciclismo, ho molti hobby: viaggiare, leggere, andare al cinema; camminare, passeggiare in montagna».

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