Dici Roubini e tutti si levano il cappello: è leconomista che ha previsto con largo anticipo la grande crisi finanziaria. Qualche anno fa lo trattavano come un eccentrico, oggi lo considerano un guru. Ha fondato Roubini Global Economics, chiamando al suo fianco, quale responsabile delle Ricerche e delle analisi di mercato, Arnab Das, un brillante economista di origine indiana, che ieri era a Milano, ospite di Aberdeen Asset Management Italia, nota società dinvestimento patrimoniale. Das ha concesso al Giornale questa intervista esclusiva.
Partiamo dalla Grecia alla prese con la crisi di bilancio. La Bce ha scelto la linea dura. A torto o a ragione?
«Direi a ragione. Oggi la Grecia non è lunico Paese europeo ad avere questi problemi. Se venisse salvato dalla Bce o ricevesse finanziamenti privilegiati dalla Ue, gli altri direbbero: perché Atene sì e noi no? LIrlanda ad esempio ha già tagliato del 20% le spese pubbliche. I greci non hanno scelta: devono trovare da soli, con grandi sacrifici, il modo per ridurre un deficit schizzato al 12,5%».
Luscita dalleuro è concepibile?
«Lunione monetaria non contempla unexit strategy. Se la Grecia dovesse andarsene, dovrebbe ridenominare il debito nella nuova dracma, i tassi schizzerebbero alle stelle. Insomma, il caos. E dunque un effetto domino: altri Paesi finirebbero sotto la pressione dei mercati. Rischieremmo una crisi simile a quella della Lehman. Ma quella delleuro in Grecia è solo una battaglia, la guerra non è ancora vinta».
Che cosa intende?
«La storia dimostra che nessuna unione monetaria è durata senza unità politica e fiscale. Può darsi che leuro rappresenti leccezione, ma solo se i Paesi continueranno a rispettare Maastricht. Anche la California è in bancarotta, e la California pesa molto più della Grecia, ma non è uno Stato sovrano e il governo federale può soccorrerla trasferendo fondi. LEurozona invece non ha questa flessibilità. Dunque la crisi in Grecia sta mettendo in luce i limiti delleuro».
Roubini da giorni avverte: attenti alla crisi del debito pubblico europeo. Anche di quello italiano?
«No, avete da tempo un debito enorme, ma siete diventati virtuosi. In questa crisi siete riusciti a mantenere i conti sotto controllo e il deficit è aumentato molto meno di altri Paesi. In più avete un basso indebitamento delle famiglie e non c'è stata la bolla dei mutui. I problemi sono altrove».
E dove?
«Il debito di Francia e Germania è cresciuto molto, ma sono in grado di assorbirlo. I Paesi a rischio sono Irlanda, Spagna e Portogallo; oltre alla Grecia, naturalmente».
Nel 2009 il pessimismo dilagava, eppure i mercati azionari sono andati bene. E nel 2010?
«I margini per una crescita ulteriore dei mercati oggi sono ridotti. Nel 2009 le Borse sono salite grazie ai piani di stimolo e ai tagli dei posti di lavoro. I primi si stanno esaurendo e i secondi non possono proseguire allinfinito. Tagliare posti è logico, ma non puoi farlo per sempre. E ha un costo molto alto: più tagli, più danneggi l'economia reale, più ritardi la ripresa. Dunque solo laumento del Pil potrebbe sostenere gli indici, ma secondo noi la ripresa sarà anemica».
In concreto cosa prevede?
«Più volatilità con un alto rischio di correzioni. In genere i mercati americani dovrebbero andare meglio di quelli europei e il dollaro rafforzarsi ma solo nel primo semestre. Nel secondo invece cresceranno i Paesi emergenti».
La Cina è un mistero: crede al rischio di una bolla?
«Sì, il problema è che la Cina non può far raffreddare leconomia. Il suo modello richiede alti tassi di crescita perché altrimenti emergerebbero forti problemi sociali, di disoccupazione, e in ultima analisi di stabilità politica. E dunque deve tenere il remimbi ancorato al dollaro.
LINTERVISTA ARNAB DAS
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