L’INTERVISTA EUGENIA ROCCELLA

Sottosegretario Roccella, il dato di 29 donne morte dopo l’uso della RU486 in vari Paesi suona allarmante. È così?
«Di questo il ministero non ha parlato nella relazione annuale al Parlamento sulla legge 194. È emerso quando abbiamo chiesto informazioni supplementari sull’uso della pillola abortiva all’azienda produttrice, la Exelgyn. Dai verbali dell’Aifa, il cui comitato tecnico scientifico più di un anno fa ha dato parere positivo alla registrazione in Italia, risultavano solo 16 decessi. Così, abbiamo trasmesso allo stesso comitato il dato in nostro possesso».
E che cosa vi ha risposto?
«Che l’aveva già valutato e che non era sufficiente a cambiare il parere favorevole dell’Aifa».
Domani (oggi, ndr) è prevista la decisione finale del Cda dell’Aifa. Lei che cosa si augura?
«Il ministero non può entrare nel merito della decisione e si fida completamente dell’Aifa. Chiediamo solo che la procedura seguita per il parere sia assolutamente trasparente e che siano offerti all’opinione pubblica tutti i dati su morti, modalità di uso del farmaco e incidenza dei rischi di emorragie e infezioni. Insomma, che si valutino tutti i fattori in gioco e sia dissipata ogni ombra».
Il responso definitivo lo darà il Consiglio d’amministrazione.
«Ma non sarà solo una decisione burocratica. C’è stato il parere del comitato tecnico-scientifico e poi quello del comitato prezzi, che ha stabilito il costo. Mi rendo conto che sarà difficile tornare indietro e non tocca certo al ministero, ma solo all’Aifa. Ma la valutazione ultima dovrà tener conto di tutto. Anche della difficile compatibilità della pillola abortiva con la legge 194».
Perché difficile?
«Perché la legge dice che l’aborto deve avvenire nella struttura pubblica, mentre in genere il metodo farmacologico lo porta a domicilio».
Lei ha criticato il fatto che nelle regioni italiane dove si è già usata la RU486 si sia ricorso al day hospital.
«Abbiamo segnalato che in due pareri del Consiglio superiore della sanità si diceva che il rischio tra i due metodi abortivi, quello chirurgico e quello farmacologico, è pari solo se l’interruzione di gravidanza avviene in strutture sanitarie. Invece, nelle regioni in cui la pillola abortiva è stata usata per casi individuali, importandola direttamente grazie alla legge Di Bella, non c’è stata la stessa sorveglianza medica di un aborto chirurgico.

La donna torna a casa e aspetta l’evento che può avvenire entro 15 giorni. Lei e non il medico valuta le conseguenze e vigila su se stessa anche per un periodo lungo. Sulla 194 noi abbiamo un ottimo sistema di sorveglianza, ma non vale per la pillola abortiva».

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