L’INTERVISTA FRANCESCO MOLINARI

Scriveva il filosofo Siegfried Lenz che «chi sa parlare sottovoce, viene ascoltato». Francesco Molinari, 27 anni, fa parte di questa cricca fortunata: di poche parole per natura, il torinese preferisce far cantare invece i suoi score. Che di questi tempi, per altro, lo ripagano con soddisfazioni strepitose. È infatti un Francesco caricato a molla quello che ci risponde dopo il Tournament Players Championship, il torneo che, a torto o a ragione, gli esperti del settore riconoscono come quinto Major. Per poter giocare in Florida e fare il pieno di punti per il World Ranking (ora è trentanovesimo, ndr), Molinari ha dovuto disertare il contemporaneo Bmw Italian Open nella sua amata Torino: una scelta maturata non a cuor leggero, certo, ma comunque necessaria. Una scelta però ricompensata alla grande dallo spettacolare nono posto di Ponte Vedra: «È stata una settimana davvero speciale, soprattutto nei primi due giorni di gara. Sono felice anche perché la pressione che si ha al Tpc è pari quasi a quella che si sente in un Major e giocare bene in queste condizioni è una grande iniezione di fiducia».
Come mai tutti gli score, compresi i tuoi, si sono alzati nel week end?
«Perché dal sabato pomeriggio abbiamo trovato un campo completamente diverso, con i green molto più duri e le bandiere nascoste al limite del giocabile. In più domenica si è anche alzato un vento fastidioso».
Cosa ti è mancato dunque per centrare la vittoria?
«Un pizzico di esperienza: il vero campo di Sawgrass l'ho giocato in effetti solo nel week end. Non me l'aspettavo davvero in quelle condizioni».
Al Royal Park il capitano di Ryder Cup, Colin Montgomerie, ha avuto parole di apprezzamento per te e tuo fratello. Lo sapevi?
«No, ma certo mi fanno molto piacere. Anche se, comunque vada, sono sicuro che alla fine il capitano sceglierà la squadra più forte: senza preferenze o pregiudizi».
Sempre a Torino tuo fratello ha dichiarato di non pensare di riuscire a centrare l'obiettivo Ryder. Ci credi?
«Secondo me (ride) cercava solo di scrollarsi di dosso un po' di pressione. Tutti quelli che giocano a questo livello pensano alla Ryder Cup: è naturale».
La tua media score quest'anno è impressionante, nonostante tu abbia piazzato meno drive in fairway. Come ci sei riuscito?
«Mi funziona meglio il putt. Per quanto riguarda il drive, le percentuali basse sono figlie dei cambiamenti apportati allo swing durante l’inverno. Ho dovuto cambiare il bastone e cercare una diversa combinazione testa/shaft. Ora, finalmente, l'ho centrata».
Qual è il segreto per questi continui miglioramenti?
«Certamente il lavoro. Ma anche l’avere accanto delle persone valide, come Sergio Bertaina e Denis Pugh, che pensano al futuro e sono sempre un passo avanti a me e a Dodo».
Veniamo a Tiger: si è ritirato dal TPC per un infortunio e il suo coach si è licenziato. C'erano stati dei segnali premonitori?
«Assolutamente no. Per quanto mi riguarda ho scoperto del ritiro solo dalla televisione, quando domenica sono entrato in club house. Per tutta la settimana, invece, c'erano state delle polemiche su Hank Haney. Johnny Miller, il commentatore di punta della Nbc, lo aveva criticato perché lo swing di Tiger non funzionava. Chissà, magari non ha retto alle critiche dei media».
Hai giocato diverse gare negli Stati Uniti: per caso hai intenzione di trasferirti sul PGA Tour?
«Sicuramente no. Lì mi piace giocare solo qualche torneo importante. Punto. La mia base resta comunque l'Europa»
Se l'Inter domenica vincesse lo scudetto, come festeggerai?
«Sarò a Londra e seguirò la partita in televisione.

Sarò contento, certo, ma lo sarò ancora di più il sabato successivo se dovessimo vincere la finale di Champions League. Ora che ci penso: il 22 maggio sarò a Wentworth per il Pga Championship… Sarà un bel sabato di tensione, ma non per motivi golfistici».

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