L’INTERVISTA VALENTINA FREDIANI

Avvocato Valentina Frediani, ci aiuti, qua ci spengono Facebook e pure le email. La legge non ci tutela?
«Il problema è che una legge in materia non c’è».
Allora siamo all’anarchia?
«Non proprio. Ci sono sentenze della Cassazione a favore del diritto del datore di lavoro di limitare l’uso della mail aziendale e altre contro. Poi c’è il Garante della Privacy che consiglia le aziende di dotarsi di un regolamento informatico. Ma non ha risolto del tutto la questione».
Il regolamento non basta?
«Nel regolamento il datore di lavoro dovrebbe esplicitare se consente o no l’uso della mail aziendale per messaggi personali o se permette di navigare su siti come Facebook. A quel punto è facile perseguire eventuali violazioni. Ma il provvedimento del Garante è facoltativo».
E se il regolamento non c’è?
«Si torna all’incertezza. E decidono i singoli giudici».
Lei gestisce il sito consulentelegaleinformatico.it. Le capitano casi così?
«Sì. Il mio consiglio è sempre di adottare il regolamento informatico e vietare l’uso del pc a fini privati».
Come ha fatto il Comune di Torino?
«Non basta. Permettere di mandare mail private durante la pausa pranzo è un rischio per l’azienda o l’ente».
Cosa ci sarebbe da temere?
«In un caso che ho seguito, un’azienda aveva concesso un indirizzo mail per uso privato a tutti i dipendenti, incluso un guardiano notturno. Che l’ha usato per scambiare foto pedo-porno. È intervenuta la polizia ed è stato sequestrato il server aziendale. Un danno mica da poco».
Ma il divieto totale non è un po’ esagerato, non è come vietare anche di telefonare a casa per un’emergenza? Lei vuole un lager informatico.
«Non è così. La tolleranza ci può essere, ma dev’essere lasciata alla discrezionalità del datore di lavoro, non va prevista per regolamento. La legge comunque disciplina i controlli, che non possono essere generalizzati e costanti».
Ma c’è davvero il rischio di venir beccati?
«L’azienda non può controllare in modo sistematico le mail dei dipendenti e i siti dove vanno.

Altrimenti rischia di violare lo Statuto dei lavoratori».
Insomma c’è la scappatoia?
«Non proprio. Si possono controllare sui server aziendali anomalie e picchi di attività. Poi avvisare i dipendenti e fare verifiche più approfondite fino a individuare il colpevole».

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