La conquista della maggioranza dellAutostrada Milano-Serravalle non è solo un episodio locale, milanese, al più lombardo. I fatti, per i lettori del Giornale, sono ormai noti. Il presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati ha impiegato più di 230 milioni di euro pubblici, che non aveva, per salire in maggioranza nelle Autostrade. Per non passare le forche caudine del consiglio provinciale, ha fatto comprare le azioni ad una società controllata dalla Provincia. Limprenditore Marcellino Gavio ha venduto le sue quote ad esattamente il doppio di quanto egli stesso avrebbe auspicato solo un anno fa. E brinda alla grande per la plusvalenza fatta. Il sindaco di Milano, Gabriele Albertini, che sulla vicenda ha il dente avvelenato sin dai tempi di Ombretta Colli (che ha preceduto Penati), si è rivolto alla Corte dei conti. Proviamo ad ampliare lo sguardo.
Penati ha un progetto chiaro. È consapevole del fatto che la rete autostradale lombarda, che ha ovviamente il suo fulcro a Milano, sia al centro dei riassetti territoriali ed economici dei prossimi dieci anni. Milano Serravalle è un tassello. A cui aggiungere progetti e realtà come la famosa Brebemi, la Pedemontana, la Tem, la tangenziale esterna di Milano, e la Serenissima. Un intreccio che mal contato ha il valore di tre ponti di Messina. Linvestimento fatto da Penati per conquistare la maggioranza della Milano Serravalle si deve leggere dunque in questa rete di partecipazioni. In netto contrasto con la filosofia di Abertini che al contrario ha cercato fino a questo momento di cedere quote sul mercato: fare cassa e tenere per quanto possibile un peso nella gestione.
Ma la Provincia di Milano non sarebbe in grado di svolgere questo ruolo di primo attore senza le necessarie risorse finanziarie, di cui autonomamente non dispone. In questo senso lo scenario, di cui parlavamo, si amplia. I quattrini per lacquisto delle quote di Gavio, Penati se li è fatti prestare da banca Intesa. Non esattamente unistituzione sprovveduta in queste transazioni. Tanto è che al vertice della Serravalle è arrivato il vicepresidente della Ca de sass.
La passione delle grandi banche per le reti e le infrastrutture non è certo una novità. Una delle poche partecipazioni che Alessandro Profumo, il numero uno di Unicredito, ancora custodisce è proprio quella in Autostrade con i Benetton. Un business che fino ad ora gli ha fruttato grandi soddisfazioni: lha comprato a 7 euro e oggi sfiora i 19 euro.
Lintreccio tra finanza e enti locali lombardi non si ferma certo qua. In corsa anche il futuro delle due ex municipalizzate più ricche della regione, la Aem di Milano e la Asm di Brescia. Milano, in cui il comune con lo stesso principio delle autostrade ha deciso di scendere sotto la maggioranza, vorrebbe un matrimonio con Brescia. Avrebbe senso da un punto di vista industriale. Ma non da quello politico, con due amministrazioni di colori diversi, e da quello dei giochi finanziari. Linfluenza della finanza cattolica di Gianni Bazoli, presidente di banca Intesa, è forte su Brescia, e mal si concilia con lallure di Mediobanca, da sempre advisor di Albertini per le privatizzazioni, sullAem milanese.
La storia più o meno si potrebbe ripetere nel sistema aeroportuale. In cui ancora un volta la cessione delle quote di maggioranza da parte del comune di Milano nella Sea (Linate, Malpensa e un pezzo di Orio al Serio) apre i più disparati appetiti.
Come nel Lunar Park di Ellis in cui lo scrittore è preda dei fantasmi dei suoi personaggi del passato, così Penati sembra vittima dei compagni di partito che lo hanno preceduto. In questo caso non ci sono party a base di vodka e cocaina, ma ricordi di quel Palazzo Chigi ai tempi di Massimo DAlema che Guido Rossi, uno che se ne intende, aveva definito come lunica merchant bank che non parlasse inglese.
Penati cerca di riproporre quel modello. Una provincia che conti, ma con i soldi delle banche. Siamo davvero convinti che questo intreccio tra enti locali, uomini daffari e istituzioni finanziarie, sia un modello moderno di gestione della cosa pubblica?
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