I sussulti dangoscia e dindignazione che lItalia ufficiale manifesta quando viene posta di fronte a eventi drammatici - come quelli di Napoli - sono nobili, sono condivisibili, ma purtroppo non risolvono nulla. Il Presidente della Repubblica ha bene interpretato lo stato danimo del Paese parlando di giorni «tra i peggiori che Napoli ricordi da lungo tempo» e di «emergenza non soltanto criminale ma ambientale, sociale e culturale». Dopodiché ha esortato il governo nazionale e le autorità locali a fare qualcosa, e a farlo presto. Fin qui, immagino, tutti daccordo tranne i malavitosi. Fare è necessario. Ma cosa?
Cerchiamo devitare che dellargomento simpossessino, per le loro esibizioni intellettuali, alcuni sociologi e politologi: che la prendono sempre alla larga, magari accusando Garibaldi, i piemontesi, il fascismo, il Nord, per approdare alla conclusione che il degrado di Napoli è responsabilità di tutti, tranne che dei napoletani. Cè un filone saggistico sul Mezzogiorno che stabilisce un nesso ferreo tra la criminalità e la povertà, e in quel nesso trova la ragione degli ammazzamenti, del racket, degli scippi, di tutto. Non sono un esperto di economia: ma so che a Napoli, come a Milano o a Roma, gli extracomunitari vengono utilizzati per lavori che i cittadini italiani ormai ripudiano. Non cè la pulsione della fame alla radice della questione Napoli, cè altro.
Diciamo subito, per chiarezza, che la dirigenza politica di quella città stupenda non ha fatto nulla, cambiassero o no i riferimenti ideologici, per guarirla dalcuni suoi vizi ambientali, anzi li ha coltivati. Ad esempio incoraggiando non una presa di coscienza dei mali da guarire ma un vittimismo autoassolutorio. La camorra imperversa e insanguina le strade anche perché sè ingenerata una consuetudine allillegalità, il fatto che mezza Italia usi il casco per il motorino e laltra mezza Italia il più delle volte spavaldamente lo snobbi è più dun indizio, è una prova.
Per molti la prima contromisura da adottare in presenza di fenomeni delinquenziali epidemici è linvio massiccio daltri carabinieri, daltri agenti, magari dellesercito. Lidea che il numero sia potenza è tuttora viva e vegeta in Italia. Non credo, personalmente, che reparti militari normali sarebbero di grande utilità, al di là dun effetto intimidatorio di facciata. Una presenza capillare e costante delle forze dellordine è invece utilissima: ma non risolutiva se chi vive di crimine ha la convinzione che un eventuale arresto sarà breve e una eventuale pena non sarà espiata. Non solo a Napoli, ma in ogni area ad alta densità delinquenziale come la napoletana, devessere rovesciata la gerarchia dei soggetti cui appaia conveniente obbedire.
Adesso, in fasce sociali piuttosto ampie, la camorra è più autorevole e credibile della polizia, lamicizia dun boss conta più dun master in una buona università. E il camorrista attivo ha ottime probabilità di cavarsela, visto che con lindulto una maggioranza parlamentare sciaguratamente bipartitica ha restituito alle strade dItalia in generale, e di Napoli in particolare, una folla di malviventi professionali. Se i trasgressori della legge sono tanti, si costruiscano carceri. La tendenza è invece di sopperire alla mancanza di carceri con chiacchiere di politichese, chissà che paura i camorristi. Un cambio di mentalità, quello accennato, che di sicuro non è favorito dallabitudine - vigente in partiti e gruppi della coalizione di governo - di considerare la polizia sempre colpevole, in caso di disordini, e i manifestanti violenti sempre innocenti. Interrogare, in proposito, il noto deputato Francesco Caruso. Cito uno slogan da film o da romanzo, che tuttavia ha un senso: deve farsi strada lidea che il delitto non paga.
Temo che anche questi sembreranno, a chi legge, ragionamenti da tavolino. In effetti lemergenza Napoli deve essere affrontata con durezza, da chi ha i poteri, i mezzi e la capacità tecnica necessari, sul terreno.
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