L’invito del governatore

La Germania come benchmark delle virtù economiche. Dopo l’elogio fatto giovedì scorso da Jean-Claude Trichet «all’esemplare moderazione salariale» mostrata dai tedeschi, ieri è toccato a Mario Draghi, a Seul nelle vesti di presidente del Financial Stability Forum, invitare l’Italia a seguire sulla stessa strada il governo di Berlino, capace di coniugare i tagli con misure di sostegno alla ripresa.
Per crescere di più «l’Italia deve diventare produttiva e competitiva come la Germania», è stato l’esordio del governatore di Bankitalia. Che segue l’evolversi della ripresa con «cautissimo ottimismo», condito con la consapevolezza «dell’esistenza di rischi» legati alla tenuta della domanda internazionale e alla fragilità dei mercati finanziari. Draghi vede un’Europa che procede ancora a doppia velocità, con la Germania in testa a tutti non più soltanto grazie all’export, ma anche all’aumento degli investimenti e dei consumi interni. Nel resto di Eurolandia, la ripresa non è invece «sostenuta ed equilibrata». Il nostro Paese deve comunque puntare sul modello tedesco, più che su un modulo mediterraneo. Ma recuperare il divario di produttività non sarà facile, almeno a giudicare dai dati di Eurostat riportati tra l’altro nella Relazione annuale della Banca d’Italia. La produttività italiana per ore di lavoro è scesa nel 2009 sotto i livelli del 2000 e la differenza con la Germania (anch’essa in calo) resta alta e pari a quasi 10 punti. Uno scarto che finisce per pesare sia in termini di crescita delle esportazioni, sia per quanto riguarda l’occupazione. La scarsa produttività infatti frena la crescita dell’export e dell’occupazione. Nel periodo di sviluppo pre-crisi, si legge nella Relazione annuale, la produttività del lavoro del nostro Paese è salita solo dell’1% contro il +10% della Francia e il +12% della Germania. Nei due anni della tempesta finanziaria, a fronte di un calo generalizzato dei Paesi di Eurolandia (compresa la Germania) la produttività per ora lavorata è scesa in Italia sotto il livello raggiunto nel 2000 con un calo, secondo l’Istat, del 2,7%.
Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, è comunque convinto che «l’Italia ha fatto molto contro la crisi ed è stato il Paese più prossimo alla Germania dal punto di vista della disciplina di bilancio. E anche per lo sviluppo delle relazioni industriali, che stiamo cercando di promuovere. Siamo i due Paesi - ha concluso - che hanno seguito percorsi molto simili». Confindustria condivide invece in pieno le parole di Draghi. «Per stare tutti nell’euro - ha spiegato il direttore generale di viale dell’Astronomia, Giampaolo Galli - saremo costretti a essere più simili alla Germania. Questo significa importare diverse virtù: più competitività, più produttività, debito e deficit pubblici bassi.

Questa diventa la strada obbligata anche per noi». Frena un po’ il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini: «Il modello tedesco è sicuramente da imitare per l’industria. Credo che le banche italiane abbiano un loro modello che possono continuare a seguire».

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