L’ipermanierismo della pittura fotografica nel «Magma» di Valeria Corvino

Valeria Corvino, nata a Napoli nel 1953, trae spunto per le sue creazioni artistiche dall’irrequieto contesto partenopeo in cui vive: in particolare la natura vulcanica dei Campi Flegrei può essere associata alle sue ultime opere, caratterizzate da un colore di fondo cangiante come il magma, con rosse vene di minerali incandescenti e sprazzi di luce di vapori solforosi. La mostra «Valeria Corvino. Magma», ospitata fino all’11 luglio nelle Scuderie Ruspoli (via della Fontanella Borghese, 56b), comprende circa 40 dipinti a olio, un video e alcune opere elaborate con tecnica fotografica. Proprio dal confronto tra la pittura e la fotografia, alla quale si è accostata dopo l’Accademia di Belle Arti sotto la guida del grande Mimmo Jodice, l’artista giunge a elaborare un suo raffinato linguaggio basato su rigorosi principi formali ed estetici. Le sue opere colpiscono l’osservatore per l’estrema perizia esecutiva, l’ipermanierismo e il lirismo fantastico con cui riesce a trasfigurare statue marmoree. L’antico viene reinterpretato e rimodellato attraverso arditi tagli di immagini, tocchi di colore e accostamenti inusuali, in grado di suscitare meraviglia. I dettagli giocano un ruolo importantissimo nelle sue composizioni che denotano sempre, pur nella frammentarietà delle immagini, armonia ed equilibrio. Le epidermidi sono viste come attraverso una lente di ingrandimento, con tendini, nervi e vene palpitanti, i drappeggi dei tessuti sono resi con le più impercettibili sfumature cromatiche. I colori dominanti sono il bianco e il rosso, che vivifica spesso le labbra di marmorei volti femminili. Il rosso ricorda il corallo di Torre del Greco, il sangue liquefatto di San Gennaro e la lava, ovvero il magma incandescente che, secondo la curatrice della mostra Gioia Mori rispecchia l’attitudine mentale della Corvino, il suo «processo di fermentazione e metamorfosi di quella materia vaporosa che è la suggestione, di quella materia liquida che è il ricordo». Tutto poi si solidifica nell’opera, che appare levigata come una roccia: materia apparentemente fredda, ma creata da una grande carica passionale e provocatoria. Gli elementi statuari che vi si ritrovano, di età romana, ma anche tratti da Michelangelo, Bernini e Canova, sono una riflessione sulla condizione post-apocalittica dell’individuo e ci restituiscono scampoli di perfezione destinati a sopravvivere nella memoria.

Il percorso espositivo si chiude con grandi stampe ai sali d'argento ritoccate a mano e montate su doppio plexiglas. Un tema ricorrente è quello di Narciso, esempio simbolico di vanità, ma anche di conoscenza del Sé e quindi di sapienza.
Orario: tutti i giorni 10-19; ingresso gratuito

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