Sport

L’ippica in crisi si affida alla matrigna televisione

Ernesto Cazzaniga*

Vorrei parlare di cattedrali nel deserto, perché oramai, piaccia o non piaccia, proprio questo sono diventati i nostri ippodromi. Deserti di pubblico, salvo per alcuni grandi avvenimenti, gli ippodromi lo sono più o meno tutti: come del resto lo stanno diventando gli stadi del calcio. Si sta vivendo né più né meno ciò che forse era facilmente prevedibile (però non è stato previsto) a causa dell’avvento della televisione. E pensare che nell’ippica sono state spese, nel famoso fondo di investimento, somme cospicue negli ultimi anni a favore di strutture (tribune, ristoranti, tabelloni luminosi, etc.), ma non una lira è stata spesa per ciò che veramente serviva, piste adeguate al grande progresso tecnico (forse inutile), raggiunto dai cavalli trottatori. Non vorremmo con quanto sopra dare pagelle o ricercare responsabilità, ma soltanto prendere atto di una situazione che è davanti agli occhi di tutti, riguardo la quale, pare non si stia facendo nulla o quasi. È giunta l’ora di darsi una sveglia per cercare delle soluzioni, che non siano uniche e miracolistiche, perché non ce ne sarebbero, ma che piuttosto possano identificarsi in una serie di interventi calibrati e ponderati. Abbiamo, volenti o nolenti, accettato una situazione relativa alla programmazione delle corse che di fatto ha sancito un circuito parallelo, costituito da corse di minima, matinée e preserali, che ha di molto modificato la concezione tradizionale del calendario ippico, ma se a questo, purtroppo dolorosissimo intervento, non facciamo partire altre iniziative di spessore, tra poco rischiamo di trovarci soltanto con i matinée e immediatamente dopo con cavalli virtuali e le slot machine, come in parte sta già avvenendo negli ippodromi ed in locali tradizionalmente dedicati alla raccolta del gioco sull’ippica, senza che l’ippica abbia alcun beneficio con una percentuale a sé spettante. Non credo sia questa la situazione che i veri ippici possano desiderare e probabilmente neanche il nostro ministero tutelare, anzi a quel punto non vi sarebbe più alcuna ragione di tutela, se non passare la mano a qualche altro ministero (economia). Sono stati fatti sacrifici e tagli sul calendario che hanno portato oggi ad avere corse di Gruppo II, inferiori al costo sostenuto dall’Unire per ogni corsa Tris, le quali si svolgono quotidianamente: vi pare sia una cosa sostenibile? Abbiamo fatto una serie di proposte condivise da quasi tutti gli altri operatori ippici, per la valorizzazione del calendario classico relativo ai tre anni, ci aspettiamo dall’Unire una decisa e convinta presa di posizione per un’immediata attuazione del progetto. Con questo intervento riteniamo che si possa ricreare quell’interesse verso l’acquisto di puledri che possa portare gente nuova e facoltosa ad interessarsi del nostro mercato. Non possiamo né credere, né pensare che si entri nel settore per perseguire l’obiettivo di avere dei cavalli da matinée, né con la proliferazione indiscriminata di corse gentlemen, pare ovvio. Dovremmo cercare di ricreare in scala più ridotta, ciò che nel galoppo è stato l’intervento degli arabi prima e dei grandi investitori esteri poi. Per cercare di fare questo dobbiamo creare e favorire le condizioni minime per sollecitare l’interesse di queste persone.
Ci vuole un atto di coraggio responsabile: rendersi conto della situazione attuale ed agire, in un senso o nell’altro. Un agire che purtroppo a noi non tocca, ma all’Unire sì: la radicale modifica dello strumento «responsabile» dello svuotamento degli ippodromi, la televisione. Proprio dalla tv abbiamo subito «danni» e non abbiamo, almeno fino ad ora, cercato di trarne un utile per tutti, come hanno fatto o stanno cercando di fare i cugini francesi. Tra pochi giorni a Fieracavalli di Verona verranno presentate le nuove scommesse quarté e quinté: quale migliore occasione promozionale per effettuare un lancio su una tv in chiaro? Da parte nostra crediamo ancora che sia possa trovare uno spiraglio, ma ci vuole tanto buon senso. Necessario quindi un appello a tutti affinché ognuno faccia la propria parte e pensi almeno una volta nell’interesse generale.

Andando avanti in questo modo presto non avremo più materia da contendere, se non piangere su delle rovine.
*Presidente dell’Anact (Associazione nazionale allevatori cavallo trottatore)

Commenti