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L’Iran impicca il capo dei ribelli sunniti

All’alba di ieri è suonata la sua ora, nel cupo carcere di Evin, alle porte di Teheran. Il boia iraniano gli ha infilato il cappio al collo davanti agli sguardi dei familiari delle vittime uccise dai «Soldati di Allah». Abdolmalek Rigi, capo di Jundallah, una formazione guerrigliera e terrorista sunnita, spina nel fianco degli ayatollah, è stato impiccato a soli 26 anni. Alle spalle ha lasciato una scia di morte: almeno 154 membri delle forze di sicurezza uccisi, compresi generali dei pasdaran, oltre a tanti civili. Nel 2005 tentò addirittura di eliminare il controverso presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad.
I pasdaran hanno accusato Rigi di tutto: da collusioni con Al Qaida, al traffico di droga, fino a presunti appoggi dei servizi pachistani, inglesi, americani e israeliani. Forse il nemico pubblico numero uno degli ayatollah, bello come un attore, era solo un nazionalista sunnita in un paese sciita, che puntava a un Sistan-Balucistan con più diritti, libero dall’Iran e magari dal Pakistan, dove si estendono le tribù baluci.
Nella regione sunnita nel Sud-est dell’Iran, Rigi ha fondato nel 2003 i «Soldati di Allah» (Jundallah), conosciuto anche come Movimento di resistenza popolare. Classe 1984 è stato educato in una madrassa di Karachi, il grande porto pachistano, frequentata da alcuni dei futuri leader talebani. All’inizio i soldati di Allah sembravano soltanto una banda di trafficanti di droga ammantati di nazionalismo sunnita. Invece il giovane Rigi ha dato filo da torcere agli stessi pasdaran, il corpo di élite del regime iraniano.
Nel 2005 fu scoperto un suo piano per eliminare Ahmadinejad. Lo scorso anno, con un solo terrorista suicida, fece massacrare 15 ufficiali dei pasdaran all’inaugurazione di una mostra. Fra le vittime c’era il generale Nourali Shoushtari, vicecomandante delle forze di terra dei Guardiani della rivoluzione.
I soldati di Allah, un migliaio di uomini, si sono scatenati anche contro i civili sciiti sgozzando automobilisti o facendo strage nella principale moschea di Zahedan, il capoluogo del Sud-est. La leggenda vuole che il giovane Rigi scimmiottasse Abu Musab Al Zarqawi, il tagliagole di Al Qaida in Irak, eliminato dagli americani, facendosi riprendere mentre decapitava un ostaggio. L’utilizzo di attentatori suicidi e le sospette collusioni con i talebani in Pakistan e Afghanistan hanno fatto il resto.
Il capo dei Soldati di Allah ha sicuramente goduto di coperture da parte del potente Isi, il servizio segreto militare di Islamabad. I pasdaran hanno sempre accusato l’Mi6 britannico, la Cia e il Mossad di appoggiare i sunniti nati ayatollah. La leggenda vuole anche che Rigi non dormisse mai nello stesso posto per più di una notte e che stringesse la mano a qualcuno soltanto con dei guanti per evitare di essere avvelenato. In Pakistan e Afghanistan era di casa. I sauditi lo aiutavano e non aveva problemi a raggiungere Dubai. Sembra che i servizi di Teheran lo abbiano preso, il 23 febbraio, intercettando un volo decollato dal centro commerciale della penisola arabica diretto in Kirghizistan. I caccia degli ayatollah avrebbero fatto atterrare l’aereo in Iran arrestando Rigi.
Nelle grinfie dei pasdaran il capo dei Soldati di Allah ha «confessato» di essere stato contattato dagli americani «che promisero di aiutarci per liberare i nostri prigionieri e di fornirci equipaggiamento militare». In cambio Jundallah avrebbe dovuto spostare gli attacchi su Teheran, la capitale. Washington e Londra hanno sempre smentito un loro coinvolgimento. Rigi ha concluso la sua avventura sulla forca, ma la spina sunnita nel fianco di Teheran non sembra scomparsa. «Il regime si troverà di fronte a un movimento ancora più forte», minaccia un recente comunicato dei Soldati di Allah.
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