Gian Micalessin
da Teheran
La carne da cannone della guerra passata è tutta lì. Decine di migliaia di cadaveri sotto vialetti infiorati e tumuli di gloria dimenticata. Quella della prossima sfila a poca distanza, tra il cimitero dei martiri e il santuario silenzioso dellimam Khomeini. Garretti alzati nel passo delloca, sguardi fissi alluomo del palco, divise stirate, baionette lucidate. La giornata dellesercito sfila via tra parate consuete, rullo di tamburi e marce di battaglia. Ma lorgoglio di Mahmoud Ahmadinejad e dei suoi generalissimi avanza dietro ai nuovi martiri impettiti, sfila su camion possenti appesantiti dai nuovi prodigi dellarte militare iraniana. Lui, il presidente pasdaran, le ammira con le mani appoggiate al palco e un sorriso acceso tra barba e baffi. Lha detto ai generali. Lo ripete a fedeli e militari. «Abbiamo una delle più potenti armate del mondo, capace di difendere i confini del Paese e la nazione, questesercito credetemi taglierà le mani a ogni aggressore e lo farà pentire delle sue mosse».
Un anno fa il pasdaran non ancora presidente voleva mozzar le mani a corrotti e approfittatori. Oggi tante mani continuano ad arraffare, la frase continua a essere una delle preferite e il pubblico di mamme, mogli e papà al fianco dei marmittoni in marcia si augura sia un po più fondata. Lui e i suoi generali per dimostrarlo hanno caricato di missili, bombe e siluri una teoria di camion e cingolati. Sono le stesse armi esibite durante le manovre militari di due settimane fa, ma repetita iuvant. Soprattutto quando, sullaltro emisfero, qualcuno giura di esser pronto a usare le testate atomiche per impedire la tua corsa al nucleare.
«Dobbiamo - incita il presidente - tenerci sempre pronti, equipaggiati ed efficienti, dobbiamo avere a disposizione le tecnologie più recenti, saper riconoscere i nemici e mantenerci sempre vigili». Ed ecco allora il Fajr-3 presentato orgogliosamente come il missile invisibile ai radar capace, in prossimità dell'obbiettivo, di sgranare un rosario di testate multiple e piombare invisibile su diversi bersagli. In verità deriva da tecnologia russa vecchia più di un decennio e nonostante i rimaneggiamenti in salsa persiana può anche far cilecca. Ma oggi è meglio non dirlo. Subito dietro avanzano le nuove bombe da 350 chili e i siluri ad alta velocità studiati per disseminare di relitti il Golfo e affondare incrociatori e portarei americane. Sembrano la rivisitazione dei «maiali» italiani dellaltro secolo, ma anche qui è meglio non sottilizzare. Manca invece lunica arma capace di far tremare i polsi agli israeliani e un po anche all'Europa e all'America. Lo Shahab 3, il missile capace di colpire nel raggio di duemila chilometri, basi statunitensi nel Golfo comprese (e forse di montare testate nucleari), riposa negli hangar, lontano da occhi indiscreti. Ma anche lo Shahab come tutto quellarsenale dispiegato tra lanci di paracadutisti e aerei in volo radente deve far paura solo ai nemici, assicura Ahmadinejad. «I nostri soldati portano un messaggio di pace e sicurezza, saremo rassicuranti con gli amici e colpiremo come una stella fiammeggiante gli aggressori».
Mentre Ahmadinejad e i suoi generali sinebriano davanti alle macchine da guerra, i loro amici russi fanno il possibile per tenerle lontane dai campi di battaglia. Negli incontri moscoviti fra i rappresentanti dei cinque paesi del Consiglio di sicurezza allargati alla Germania, la Russia fa il possibile per disinnescare le richieste di Washington e Londra decisi a strappare allOnu un ultimatum che preveda il ricorso allarticolo sette. Come dire dure sanzioni seguite dalla minaccia di un intervento militare. Ma convincere Mosca e Cina a seguire la linea dettata da Washington non sembra facile. «Siamo convinti che né le sanzioni, né l'uso della forza possano portare alla soluzione del problema», ha detto in apertura dei colloqui il portavoce del ministero degli Esteri russo Mikhail Kamynin.
Dietro gli irriducibili del governo iraniano qualcuno lavora, intanto, per esorcizzare il rischio di un conflitto. Lex presidente Akbar Astemi Rafsanjani, sconfitto alle elezioni dal bellicoso Ahmadinejad, fa sapere dal Kuwait desser certo che «gli americani non sarrischieranno a entrare in una situazione perigliosa e senza vie duscita». Ma assicura che lIran è pronto «al braccio di ferro militare con gli Usa».
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