Per l’Irap aumento medio di 2.266 euro, per l’Irpef di 88. De Lillo (Fi): «In un solo anno dissipata la gestione finanziaria della precedente giunta» Superstangata, il triste primato del Lazio Secondo uno studio della Cgia di Mestre aziende e persone

Con il personale interno si spende fino al 32 per cento in meno rispetto a quello esterno E si sana il problema dei precari

Francesco Bisozzi

Un anno fa era la locomotiva d’Italia, ora ha soltanto il record delle stangate. Secondo la Cgia di Mestre la nostra regione è in cima alla poco piacevole classifica dell’incremento delle imposte. Uno studio, quello degli artigiani veneti, ormai un’autorità in materia, che intende misurare le conseguenze dell’innalzamento dell’aliquota addizionale regionale Irpef all’1,4 per cento e di quella Irap al 5,25 nelle sei regioni strangolate nella morsa del debito sanitario e nelle quali si è deciso di ricorrere a soluzioni impreviste e di carattere temporaneo, che magari serviranno ad aggiustare il presente ma che non paiono regalare garanzie per il futuro. Tra queste l’aumento dell’Irap e quello dell’addizionale Irpef.
Ma i portafogli dei contribuenti però non saranno spremuti tutti allo stesso modo. I prelievi cambieranno di entità a seconda della regione di residenza. Ed ecco il primato del Lazio, in particolare sul fronte Irap: le nostre imprese verseranno una somma ben più cospicua rispetto a quelle delle altre regioni in profondo rosso. L’ufficio studi degli artigiani di Mestre indica un aumento medio pari a 2.266 euro per azienda. Cifra che non ha niente a che spartire con quelle di Liguria, Abruzzo, Campania, Sicilia e Molise. Quanto all’incremento dell’Irpef, i contribuenti del Lazio dovranno sborsare complessivamente 88 euro («meglio» di loro solo i liguri con 89 euro) posizionandosi così in cima alla classifica dei più tartassati.
Fabio Rampelli, capogruppo regionale di Alleanza nazionale, non esita ad esprimere tutta la sua preoccupazione: «L’aumento dell’Irap e dell’Irpef penalizzerà duramente le realtà produttive del Lazio. Quanto fatto dal precedente governo regionale sarebbe dovuto servire da modello: diminuendo le imposte sulle attività produttive ed evitando di mettere mano all’Irpef, aveva trasformato il Lazio nella regione con all’attivo la più alta crescita del Prodotto interno lordo e Roma nella città a più alto incremento imprenditoriale». Sulla stessa scia s’immette Stefano De Lillo, vicecapogruppo regionale di Forza Italia: «In un solo anno di governo il centrosinistra ha dissipato l’eredità di gestione finanziaria ricevuta dal centrodestra».
Sulla questione legata all’incremento delle imposte è intervenuto anche il vicepresidente della commissione Bilancio, Bruno Prestagiovanni (An): «Migliaia di aziende e milioni di cittadini nel Lazio dovranno rompere il salvadanaio per porre rimedio alle decisioni prese dalla giunta regionale. Marrazzo si era illuso, probabilmente, di poter governare dilatando la spesa: ha rinunciato ai ticket, a una parte del fondo sanitario del 2005 destinato alla copertura dei disavanzi, alla vendita ad acquirenti pubblici di parte del patrimonio ospedaliero. Il tutto mentre la spesa farmaceutica lievitava a vista d’occhio. È tempo di mettere un punto a questa storia e di affrontare un dibattito degno di questo nome, in modo da spiegare alle forze sociali e all’intero consiglio che cosa s’intende fare». Sugli stessi toni Rodolfo Gigli, capogruppo dell’Udc: «Ciò che sta avvenendo è la chiara dimostrazione che l’eliminazione del tanto contestato ticket è stata soprattutto una questione elettorale».


E pensare che Luca di Montezemolo, in occasione dell’incontro con Romano Prodi, si era augurato che il risanamento dei conti non avvenisse tramite l’aumento delle tasse. Non è certo il solo, oggi, a sentirsi tradito.

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