L’irascibile Maestro ligio al matrimonio ma amante sensuale

Riaperta a Parma la dimora restaurata dell’artista con documenti e oggetti della sua carriera. In uscita alcune importanti biografie

da Parma

Sta la casa di Toscanini «oltretorrente», a Parma. Si chiama Casa Toscanini per solennità affettuosa; ma ci nacque soltanto e stette lì per un anno, giusto in tempo per dire qualche tenero «mamma», se non aveva ancora deciso d’essere ribelle e insofferente. I Toscanini erano poveri ed il loro frequente cambiar d’abitazione, in quei quartieri popolari, con stanze basse e travi e scale su due piani, ci fa pensare a qualche traversia d'affitto. Questo sapore di pane di Parma, questo sentore popolare in una città raccolta e schietta, si avverte entrando nella casa di Toscanini, riaperta al pubblico con un’accoglienza cordiale del restauro ineccepibile della dimora e del materiale che vi è stato fatto confluire. Nelle stanze, difatti, come ha guidato a capire Vincenzo Segreto, coordinatore, documenti ed oggetti della carriera e della vita privata creano informazioni preziose senza rinunciare a suggestioni toccanti. C’è fra quelle mura, il segno di quasi tutto Toscanini: l’uomo e l’artista, oggetti importanti per noi o importanti per lui; un tocco di pudico rispetto lascia fuori soltanto la presenza delle amiche che amò impetuosamente, senza nascondimenti, malgrado il suo culto per il matrimonio. Le lettere, recentemente pubblicate, mostrano una sensualità vogliosa e scatenata, tanto che hanno fatto scandalo le più estreme: un direttore che vuole nel taschino del frac un fazzoletto con le tracce del sangue mestruale della donna amata! Ma proprio in questi eccessi si sente nella stessa passionalità il bisogno di andar oltre, e non per nulla Hans Sachs, suo autorevole biografo, ha intitolato la raccolta citandone una frase: Nel mio cuore troppo d'assoluto.
Da un grumo scuro, ardente, contraddittorio, viene la forza carismatica inconfondibile di Toscanini. La sua energia morale nel pensare, studiare e pretendere musica eseguita con totale dedizione, fonte anche delle sue celebri e incontrollate collere con cantanti e musicisti, la sua stessa chiarezza di intenzioni pretesa e comunicata, non son quelle d’un carattere semplice. Era ogni volta quasi come un parto. Nella musica diretta da lui «tutto ciò che era lì doveva essere vivo», spiega Riccardo Muti in un’intensa e utile intervista su Classic Voice questo mese in edicola: «Le note erano delle personalità che dovevano venir fuori». C’è una bella frase asciutta, di Toscanini, che Mauro Balestrazzi mette a monito prima di iniziare il suo felice Toscanini secondo me, dichiarazioni dei direttori d’oggi: «Any asino can conduct - but to make music... eh? Is difficile!».
Chi voglia oggi conoscerlo, stia attento ai contributi che si stanno pubblicando. È in uscita, da Mondadori, Toscanini di Piero Melograni, lo storico, studioso esperto di politica e di conflitti del Novecento, e autore anche di una recente biografia WAM, Wolfgang Amadeus Mozart, che mette bene in ordine la vicenda del Maestro soprattutto chiarendone il pensiero antifascista e patriottico. Libro serio ed informativo. E sto ancora leggendo, fresco fresco, un altro Toscanini, dei Tascabili Bompiani, firmato dall’acceso musicologo e scrittore Gustavo Marchesi. Ma mi è venuta voglia sùbito di consigliarvelo, perché qui si toccano le cose attorno a lui, si sente la sua impronta sulla musica. Qui si sprigionano, evocati con corposa sicurezza, aneddoti, pareri, riflessioni. Vediamo Toscanini davanti alla natura e alla pittura. Lo troviamo sul palcoscenico mentre insegna a Toti Dal Monte la pazzia della Lucia di Lammermoor, facendola camminare ad occhi sbarrati. Le sta davanti camminando a ritroso e dirigendola, fino a che le mette commosso una mano sulla spalla. Scopriamo Herbert von Karajan giovane che impara a memoria il Falstaff di Verdi senza leggere la partitura, solo ascoltando le prove di Toscanini, ed il figlio di Mussolini rimbrottare sul Messaggero, sotto falso nome, il «buon fascista bolognese» che aveva solo schiaffeggiato il Maestro, come se avesse dovuto rovinarlo del tutto; ci son le furie leggendarie sul podio, come quando abbandona gridando la sala prove della Filarmonica di Vienna e i musicisti lo chiudono fuori; e c’è anche il barcollare smarrito dell’ultimo concerto americano quando fu preso da malore, la trasmissione radiofonica fu interrotta e i musicisti lo soccorsero. Ed il violoncellista Piatigorskij che una volta non stava molto bene e Toscanini, raccontava lui stesso «mi guardava preoccupato coi suoi occhi semiciechi come se fossi stato un terribile errore di stampa in una partitura». Marchesi è conterraneo di Toscanini. Nella natura del Maestro vede gli uomini della sua terra, sente l’affetto nostalgico che tenne nei suoi tratti, memori di figure popolari più imponenti della sua, nervosa e mingherlina.

«Il cappello piantato alla brusca, dalle tese rivoltate all’insù e i baffi anch’essi con le punte levate come sproni d’attacco». Accanto all’arte somma, alla battaglia politica, alla forza del carattere, ci piace anche sentirci raccontare che una volta, per fargli un omaggio certamente gradito, un artista gli regalò un pane di Parma.

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