L’islamizzazione strisciante di Erdogan

Dall’alcol al fumo, dalle Tv di Stato alle scuole: gli integralisti si infiltrano ovunque per abbattere i capisaldi della laicità

nostro inviato a Istanbul

È il doppio, anzi il triplo volto del Paese. C’è la Turchia laica, ancora maggioritaria, creata da Atatürk e che trova nell’esercito il suo garante supremo. C’è quella islamica ma rispettabile, perché formalmente moderata, riformista, filo-occidentale, rappresentata dal premier Erdogan. E poi c’è quella che vuole imporre alla società i codici tipici del fondamentalismo. Poco male se le tre entità fossero chiaramente distanziate, tanto più che gli integralisti dichiarati sono pochissimi e ininfluenti. Ma il problema, di cui molte cancellerie europee non sembrano consapevoli, è che a promuovere il processo di islamizzazione strisciante è il Partito Giustizia e Libertà, ovvero lo stesso premier Erdogan.
Gli episodi sono tanti, minori e perciò in apparenza trascurabili, ma in realtà rivelatori. Nelle zone rurali e più povere dell’Anatolia l’influenza degli islamisti è palese, ma dall’estate scorsa persino Istanbul non può più essere considerata una zona franca. Per accorgersene basta andare a Uskudar, uno dei sobborghi più popolosi di Istanbul, nella parte orientale della città, dove il sindaco ha proibito la consumazione di bevande alcoliche sul lungo mare. Per cinque mesi quasi nessuno ha protestato, manco si trattasse di una fatalità, ma domenica scorsa diverse centinaia di abitanti sono scese in piazza tenendo in mano un signor bicchiere di vino e urlando «Lasciateci bere, siamo uno Stato laico». Poi si sono autodenunciati, pubblicando i propri nomi su un sito. Sfidano il potere per dire basta a un’invadenza che ritengono inaccettabile.
«Si infiltrano dappertutto: nelle scuole, nelle tv di Stato, nell’amministrazione pubblica. Vogliono cambiare il carattere secolare della nostra Repubblica», dichiara al Giornale il deputato Onur Oymen, uno dei leader del Partito repubblicano all’opposizione. Ad esempio, il ministero dell’Istruzione ha promosso, sempre con molta discrezione, una revisione dei libri di testo, in uno dei quali si affermava che procedere all’abluzione prima della preghiera (ovvero lavarsi il viso e le braccia fino ai gomiti e fregarsi la testa e i piedi fino alla caviglia, come indicato dal Corano) fa aumentare i globuli rossi. «Il testo si riferiva a uno studio tedesco - osserva Kadri Gursel, caporedattore del quotidiano Millyet - ma era un falso. E dopo la nostra denuncia hanno ritirato quel libro». Ma smascherarli non serve a fermarli. I loro stratagemmi sono alquanto fantasiosi. Il premier durante il Ramadan ha trovato il modo per indurre i dipendenti statali a rispettare il tradizionale digiuno dall’alba al tramonto. La Costituzione vieta qualunque costrizione religiosa, e infatti in Turchia il venerdì si lavora, ma il premier ha avuto una trovata: ha fatto chiudere per ristrutturazione le mense degli uffici pubblici, guarda caso proprio in coincidenza con il mese sacro. E chi voleva pranzare doveva arrangiarsi oppure saltare il pasto, come conviene a un buon credente. Tanto più che se sei un dirigente statale in carriera, sai che per accedere ai posti chiave ora devi rispettare una regola non scritta ma implacabile: il governo nomina solo chi ha una moglie che indossa il velo.
E ancora: il governo turco è l’unico al mondo che ha imposto una tassa per sfavorire i propri produttori. In quale settore? Ma ovvio, quello vinicolo. Oggi una bottiglia di vino turco costa quanto una francese o italiana, sebbene la qualità non sia ovviamente paragonabile. Risultato: le Case locali vedono diminuire le proprie quote di mercato e molte sono sull’orlo del fallimento. Proprio quel che sembra volere il governo, pur di rispettare uno dei precetti del buon islamico. Aumentano le intimidazioni, ad esempio contro chi fuma per strada durante il ramadan, e le battaglie simboliche: il partito Giustizia e Libertà vorrebbe costruire un’enorme moschea a Taxim, la piazza nel cuore della Istanbul europea e commerciale.

Ma i giornali come Milliyet e Hurriet resistono, con il sostegno della maggior parte della popolazione. I cittadini di Uskudar sanno di non essere soli nella battaglia contro le insidie coraniche di un Paese che vuole continuare a essere davvero laico.

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