L’Istat lancia l’allarme: in tre anni persi un milione di posti

La crisi mette i padri contro i figli. Crolla a picco l’occupazione giovanile: in tre anni sono andati in fumo un milione di posti, a spese dei lavoratori fra i 15 e i 34 anni.
Aumenta leggermente, invece, l’occupazione fra gli over 55, soprattutto donne, ma solo per effetto dell’innalzamento dell’età pensionabile. Il confronto dei dati Istat sulla media dello scorso anno, dunque, mostra un Paese spaccato in due, che sconta, oltre all’invecchiamento della popolazione, anche la contrapposizione fra due mondi, anagraficamente e lavorativamente contrapposti: da una parte, le maggiori tutele dei lavoratori a tempo indeterminato, dall’altra, la fragilità del lavoro precario, il primo a fare le spese della recessione.
Il paragone con tre anni prima fotografa gli effetti della crisi sulle nuove generazioni. Nel dettaglio, infatti, passando dal 2008, quando erano 7 milioni e 110 mila gli occupati under 35, al 2011, con 6 milioni e 56 mila, si contano 1 milione e 54 mila giovani in meno al lavoro, un calo del 14,8 per cento. Si è trattato di una discesa progressiva, ma con un picco negli ultimi dodici mesi: lo stesso Istituto di statistica sottolinea infatti che in un solo anno, tra il 2011 e il 2010, la riduzione è stata di 233 mila unità.
Se poi si guarda alla fascia d’eta tra i 15 e i 24 anni, in proporzione la discesa degli occupati tra il 2011 e il 2008 è stata ancora più forte, ed è pari al 20,5% (303 mila unità in meno). Sono proprio i giovanissimi a pagare il prezzo più alto alla crisi: uno su tre, attualmente, non lavora. A febbraio 2012, infatti, il tasso di disoccupazione nella fascia 15-24 anni risultava del 31,9%, contro il 9,3% della media italiana. «Questo non è un governo per giovani, agisce in nome dei poteri forti e sta costruendo un futuro nerissimo per le nuove generazioni», commenta il presidente dei senatori Idv, Felice Belisario. «La credibilità e l’efficacia delle politiche economiche del governo si misura esattamente dalla politiche per la crescita, rispetto alle quali si registra un grave ritardo», afferma il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Scudiere.
Nella lunga maratona della crisi economica, accelerano il passo invece i lavoratori più anziani, aumentati del 15% nell’arco di tre anni, dal 2008 al 2011. Nel dettaglio, gli occupati tra 55 e 64 anni sono saliti di 376 mila unità, passando da 2 milioni 466 mila nel 2008 a 2 milioni 842 mila nel 2011. Un dato che rispecchia l’ultimo rapporto dell’Isfol di marzo, secondo cui in Italia, mentre le altre fasce anagrafiche soffrono, la quota di lavoratori compresi tra 55 e 64 anni è passata tra il 2004 e il 2010 al 36,6%, e addirittura al 38% nel terzo trimestre 2011.

Ad aumentare sono principalmente le donne over 55, per effetto del provvedimento che ha seguito la sentenza della Corte di giustizia europea sulla parificazione dei criteri pensionistici tra uomini e donne. In tre anni le donne occupate sono cresciute, infatti, di circa il 23% (+202 mila unità), contro l’11% degli uomini (+174 mila).

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