L’Italia che piace a Prandelli è figlia di Cassano e Carolina

Ci sono due Cassano anche in Nazionale. Non sono affatto uguali proprio come l’originale e il sosia invecchiato nello spot-tormentone di Sky eppure hanno già conquistato Prandelli e la sua nuova Italia. Uno, il primo, tutto genio e molta sregolatezza, si fece prendere la mano dal personaggio e ne divenne schiavo fino a disperdere la fortuna che gli era capitata, il trasferimento dalla Roma al Real Madrid per esempio, oppure la convocazione in azzurro durante l’europeo in Portogallo, nel 2004. Quel Cassano, accompagnato da molti amici e da ragazze a caccia di pubblicità, si sentiva un genio incompreso e a un certo punto, in quelle settimane di giugno, confidò a Gigi Riva che avrebbe abbandonato il ritiro azzurro se il Trap non lo avesse utilizzato. «Non sono venuto qui per stare in panchina» spiegò al dirigente azzurro. Per sua fortuna il proposito clamoroso rimase un segreto, custodito all’interno dello spogliatoio e il pibe di Bari passò alla storia solo per le lacrime sincere versate dopo l’inutile gol alla Bulgaria.
L’altro, il secondo Cassano, è quello spuntato all’improvviso in ritiro, con un dolore alla schiena sottostimato dai giornali e per questo indispettito. É arrivato a Tallin, ha capito che c’era bisogno di una magia, ha firmato una prodezza, ha stregato la platea con un bel tacco e mentre gli altri esponenti dell’allegra brigata provavano a conservare quel vantaggio sugli estoni, lui ha risposto a Prandelli in modo corretto e professionale. Il ct gli ha chiesto: «Come stai?». La replica è stata garbata: «Sto bene, ma fammi uscire quando vuoi...». Ecco l’altro Cassano, uno così avrebbe fatto comodo anche a Lippi che forse non ha valutato il processo di maturazione del giovanotto, colto invece dal nuovo ct. «Ho ritrovato un Cassano maturato: il matrimonio con Carolina gli ha dato serenità, ma è anche cresciuto come calciatore» è la convinzione di Prandellino. É cresciuto nella testa Fantantonio più che nei piedi: quelli li ha avuti sempre buoni, complicato migliorarli. E infatti l’elogio pubblico («un esempio») ha una spiegazione di questo tipo. «Quando vedi che un giocatore arriva per primo nello spogliatoio, e se parli di situazioni tattiche che di solito non interessano granchè, ed è lui a proporle, capisci che come giocatore è diverso. Un episodio me lo ha fatto capire: parlavamo di calcio e di campionato e lui, quando eravamo alla Roma, lo faceva in modo stravagante. É arrivato in ritiro con un acciacco alla schiena e ci ha detto: farò di tutto per recuperare. Prima il calcio era solo fantasia e genialità, ora si sente responsabilizzato» l’analisi lucida del ct ricostruita attraverso due episodi significativi.
Ci sono allora due Cassano e ci sono anche due Italie. Una, quella di Tallin, capace di farsi infilare da un estone lesto e spigliato, l’altra quella promessa da Prandelli e per la quale c’è bisogno della necessaria pazienza prima di vederla scollinare nel girone di qualificazione e imporsi con qualità nelle sfide che contano, non solo, a fatica, contro l’Estonia. «La nazionale ha cercato di giocare sempre: ecco cosa mi è piaciuto» il giudizio misurato del ct. «É come quando uno vuole costruire un grattacielo, scava le fondamenta e trova subito difficoltà. Il calcio italiano ha molta più qualità di quanto non immaginiamo. Ma stiamo appena alle fondamenta, abbiamo cominciato a capire come dobbiamo giocare. E se riusciamo a vedere che grattacielo verrà, è veramente un edificio molto bello» l’efficace metaforza utilizzata.
Ci sono infine, in questa Italia tutta da definire, ma con i primi tre punti in classifica, due portieri che attendono di conoscere il proprio destino. Uno è Sirigu, infilzato allo spiedo dalla critica dopo il gol subito a Tallin, l’altro è Viviano, giovane, giovanissimo, di marca interista, titolare al Bologna destinato a debuttare martedì sera a Firenze, «nello stadio di Cesare Prandelli» e dove stanno allestendo una magnifica accoglienza per il loro beniamino.

«Voglio parlare con loro prima di decidere» è la sentenza del ct. Che vuol dire: vediamo che faccia ha Sirigu e poi glielo dico. Anche la faccia conta. Come dimostra proprio Cassano, il secondo. «Per lui parla la mimica facciale» giura Prandelli.

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