Parigi. L'Italia del rugby, dopo la parentesi Mallett chiusa senza troppi rimpianti, riparte con un nuovo volto, quello del ct Jacques Brunel. Faccia pirenaica, baffo ottimista e una conoscenza del gioco da far invidia: col ct francese si torna a un modello evoluto di tecnico che con l'azzurro ha sempre composto rime baciate. Villepreux, Fourcade, Coste, Berbizier ed ora Brunel che per il battesimo trova la Francia vicecampione del mondo, quella stessa battuta lo scorso anno al Flaminio.
Brunel è un ct che torna a lavorare sul campo, a ripetere con ossessiva pignoleria le situazioni di gioco. L'Italia arriva alla tredicesima edizione del torneo dopo la brutta pagina scritta al mondiale neozelandese nell'anonima prova offerta a Dunedin contro l'Irlanda. Quella è stata l'ultima di Mallett. Tocca invece al francese raccoglierne la scomoda eredità in una edizione del Sei nazioni difficile da decifrare come tutte quelle che arrivano dopo la coppa del mondo. Brunel fa quello che Mallett non ha fatto in Nuova Zelanda. Riporta Burton in cabina di regia e offre una opportunità all'ala degli Aironi Venditti, ultimo arrivato del clan. Innesti sì, ma rivoluzioni no: non cè margine per fare il lifting a una Nazionale che non puó rinunciare a cuor leggero a gente come Castrogiovanni e Parisse.
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