Gli uomini della guardia costiera scrutano l’orizzonte. Aguzzano lo sguardo e aspettano. Sanno che la minaccia è reale. Arriveranno, eccome se arriveranno. Dall’altra parte c’è la Tunisia, i ragazzi in piazza con i cartelli americani Yes we can sono stati spodestati da gruppi di bande armate che combattono contro i cecchini. Dicono che sono gli uomini di Ben Alì, messi apposta per creare caos, disordine. Paura. Usano gli spari per dire che questa rivoluzione partita dal basso, che cerca democrazia e libertà, non avrà futuro. Nessuna speranza.
Intanto chi può approfitta del caos e ruba, saccheggia, distrugge. Nel mirino c’è tutto: negozi, supermercati, ville di ex potenti, palazzi presidenziali. Chi può scappa. Anche i detenuti che fuggono dalle carceri. Decine solo dalla prigione in fiamme di Monastir che hanno fatto perdere le tracce. L’Italia è lì; a portata di mano, 150 chilometri scarsi a separarci dalle coste tunisine. È per questo che le motovedette sono in allerta. Si guarda e si aspetta. Qualcuno è già arrivato, tanti sono in coda, aspettando di salpare. Ieri a Pantelleria ci sono già stati due sbarchi. Quindici persone nel giro di poche ore. Sono state soccorse dalle motovedette della guardia costiera mentre erano a bordo di gommoni alla deriva a circa 15 miglia a sud-ovest della costa. Erano partiti da Capo Bon, tutti tunisini, tutti uomini in fuga non si sa bene da cosa. Dalla fame, dalla miseria, dal caos, dal carcere. Ora saranno tutti trasferiti nel centro di accoglienza a Trapani. Ma non solo. Poche ore dopo l’allarme è arrivato da Marsala: 21 uomini che si sbracciavano chiedendo aiuto.
Ma quello che preoccupa davvero è il futuro. Cosa succederà ora che i controlli alle frontiere, prima gestiti con il pugno di ferro da Ben Alì, oggi non ci sono più. «La situazione in Tunisia è drammatica perché oltre ai moti e alle proteste continue anche dopo la fuga di Ben Alì, altre fughe, ben più gravi, stanno avvenendo dalle carceri del Paese nordafricano e c’è il pericolo che questi detenuti attraversino il breve braccio di mare che li separa da noi e ce li ritroviamo fuori dalle nostre case», dice la senatrice della Lega Nord e vicesindaco di Lampedusa Angela Maraventano. Ma non è solo la Lega a lanciare l’allarme.
C’è la Francia preoccupata almeno quanto l’Italia di un nuovo e massiccio flusso di immigrati. La paura emerge dalle pagine del Parisien che non si capacita del silenzio della diplomazia nazionale nei confronti della crisi, e c’è un’Europa che tace. C’è il timore delle autorità francesi per l’inasprirsi dei flussi verso l’Europa, migliaia di immigrati potrebbero arrivare in Europa.
Si teme che la situazione sfugga di mano, che nessuno - con un Paese che sta lottando per non finire nel baratro del caos - si preoccupi di pattugliare le coste per controllare che gli accordi internazionali vengano rispettati, che si rispetti la regola che chi scappa da clandestino venga arrestato. «Con Ben Alì - dice il vicesindaco - il fenomeno migratorio da quel Paese era tenuto sotto controllo, ora non più. Ora, con il caos, tutto può accadere: detenuti e non, spinti dalla gravissima crisi politica ed economica, non ci pensano due volte a fuggire verso l’Europa del sud, in particolare sulle coste italiane.
Lampedusa, ma anche Pantelleria, Mazara, Pozzallo sono lì, basta allungare la mano.
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