L’odore del razzismo tra i banchi di scuola

In quanto a puzze, fetori e lazzi, l’Europa ha una tradizione millenaria. Prima che le città si dotassero di acquedotti e fognature (seconda metà del XIX secolo) sporcizia e cattivi odori la facevano da padrone. Puzzavano le strade, i palazzi, le chiese, i monumenti, i ponti; i rifiuti organici erano abbandonati per le vie, dalle finestre si scaricavano vasi da notte colmi di liquidi e di solidi: uno di questi colpì Giovenale, che in seguito a quell’esperienza così poco poetica, limitò le sue passeggiate serali per l’Urbe. Per strada si gettava di tutto, i macellai vi ammazzavano le bestie lasciandovi scorrere il sangue e abbandonando gli scarti della macellazione. Avanzare tra cumuli di monnézza era un’impresa, per questo molti calzavano stivali alti, e ad Ulm (Germania) si arrivò perfino a dotarsi di trampoli.
Se le città puzzavano, ancor più puzzavano gli abitanti. Il Medioevo fu il periodo delle grandi (e periodiche) pestilenze. Si sparse la notizia che l’acqua, dilatando i pori, facesse entrare l’«aria appestata» nel corpo; così ci si cambiava d’abito ma non ci si lavava: Romeo e Giulietta puzzavano a un miglio di distanza. Dal Settecento le cose cambiarono, arrivò il bidet (anche se era considerato un’abitudine da prostitute) e via via tinozze, vasche, catini, fino ad arrivare ai nostri tempi, con le docce e le vasche idromassaggio (comprensive di radio e televisore).
Siamo dunque tutti puliti e odorosi? Niente affatto. Per i tedeschi e altre popolazioni del Nord Europa, gli italiani (tutti, dalla Lombardia alla Sicilia) puzzano, e per noi italiani a puzzare sono gli stranieri, e in particolare: i tedeschi, perché «sanno» di birra; gli inglesi e i francesi, perché non usano il bidet; gli africani, perché la loro pelle è diversa dalla nostra, ed emana un cattivo odore. Insomma, sembra che acqua calda e servizi igienici in casa non siano serviti a gran che.
Così accade che in una classe di una scuola elementare di Vittoria (Ragusa), i genitori degli alunni decidano di trasferire i propri figli in un altro istituto, per la seguente ragione: «Nella classe dei nostri ragazzi, gli stranieri sono sporchi e puzzano, e noi non li vogliamo accanto ai nostri figli». E siccome la maggioranza degli studenti presenti nell’aula, proviene da altra nazione (10 su 17), ecco che la miglior cosa da fare è alzare i tacchi e andar via.
Come finirà la storia? Quando arrivarono le truppe alleate a Napoli, la popolazione ricevette pane bianco, latte e cibo in scatola, ma prima dovette mettersi in fila ed essere nebulizzata da una polvere bianca antiparassitaria denominata DDT (Dicloro Difenil Tricloroetano) erogata da una pompa di latta a forma cilindrica che tutti chiamavano Flit.


Vogliamo dimostrare di essere un Paese civile (quale siamo), ben disposto verso gli stranieri, o armarci di Flit e indossare l’abito (ben pulito e stirato) di razzisti?
mardorta@libero.it

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