La sequenza di eventi che portarono alla svolta autoritaria del fascismo iniziarono il 30 maggio 1924, quando lonorevole socialista Giacomo Matteotti parlò alla Camera per contestare i risultati delle elezioni politiche del 6 aprile, svoltesi in un clima di intimidazione. Il 10 giugno Matteotti venne rapito mentre si recava a Montecitorio e ucciso (il cadavere sarà ritrovato solo il 16 agosto). Londata di indignazione provocata dal delitto portò allo scollamento della maggioranza che sino a quel momento aveva sostenuto Mussolini. E una parte dei partiti dellopposizione, capeggiata da Amendola, Treves e Turati lasciò le Camere in quella che venne definita la «secessione dellAventino».
Giolitti cercò, invece, di portare avanti una strategia di opposizione parlamentare coinvolgendo elementi moderati e monarchici, come Luigi Albertini, o come Francesco Saverio Nitti, ex primo ministro emigrato in Svizzera. Prevalse la linea aventiniana e re Vittorio Emanuele non agì: come ha scritto lo storico De Felice, da una parte temeva la reazione fascista, dallaltra dubitava della lealtà monarchica degli aventiniani.Ma lopposizione non lasciò la sua «trincea»
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