Politica

L’oracolo Fassino: «Tanto l’Udc...»

Stefano Filippi

nostro inviato

a Caorle (Venezia)

Le parole di Silvio Berlusconi a Gubbio planano quasi in diretta sotto il campanile del duomo di Caorle. Sul palco della festa della Margherita sono seduti Piero Fassino e il direttore di Europa, Stefano Menichini. È lui a leggere due frasi lanciate dalle agenzie di stampa mentre il segretario diessino discuteva del ruolo di Bertinotti e delle missioni militari. Menichini lo interrompe: «Apprendiamo ora che Berlusconi non aveva la raucedine, era una tracheite diplomatica». «Si era capito anche se non lo diceva», sogghigna Fassino che già aveva polemizzato con Giulio Tremonti dicendo che «è indecente che un uomo come lui giri per l’Italia e si permetta di darci delle lezioni».
Poi il direttore del quotidiano della Margherita riferisce il «no» del leader del centrodestra all’invio dei soldati in Libano. Fassino si irrigidisce in un attacco durissimo al centrodestra dalla «lingua biforcuta» e «privo del senso dello Stato». «Chiunque su questa piazza ha ascoltato Berlusconi e numerosi editorialisti ripetere in campagna elettorale che il centrosinistra non sarebbe stato capace di prendere decisioni difficili in politica estera - prorompe il numero uno della Quercia -. Che su questo tema non avremmo saputo governare il Paese. Se non avessimo avuto i voti sufficienti, si sarebbero precipitati a darci i loro per fare i salvatori della patria. Se vorrete mandare i soldati di qui o di là, ripetevano, dovrete chiedere il nostro appoggio per salvare l’onore dell’Italia. Perché ora Berlusconi non lo salva? Non hanno alcun senso dello Stato, perché il senso dello Stato non va a corrente alternata. Se una cosa è giusta, lo è sempre, non a seconda delle convenienze politiche. Noi abbiamo votato la missione in Afghanistan. Non abbiamo la lingua biforcuta, abbiamo una parola sola».
Fassino affonda i colpi profetizzando spaccature nel centrodestra: «Berlusconi, Fini e Casini sbagliano e si divideranno. L’Udc non li seguirà perché sa bene che non votare la missione è un grave errore politico di Berlusconi e Fini. Decidono non per gli interessi del Paese ma secondo la loro convenienza». Dal pubblico si alza una voce: «E dove sono adesso le bandiere della pace? Le avete ritirate?». Il segretario ds fa proprie le parole del centrodestra: «Per difendere la pace occorre anche ricorrere alla forza, come nei Balcani. È il modo giusto per sventolare le bandiere arcobaleno. Non condivido la richiesta di Diliberto di ritirare i soldati dall’Afghanistan». Gli applausi della piazza chiudono il capitolo Berlusconi.
Il leader diessino ieri pomeriggio ha parlato un’ora e mezzo, un quasi-monologo lunghissimo che ha toccato la Finanziaria, la Rai e il partito democratico, per il quale ha proposto di fare gruppi unici dell’Ulivo in ogni Consiglio regionale. Sulla Rai, d’accordo con il ministro Gentiloni, ha detto che la politica deve starne fuori, salvo precisare che «bisogna cambiare». «La Rai è stato il principale strumento di crescita individuale e collettiva, ha favorito l’incivilimento del Paese, ma negli ultimi anni non è stato così. Deve tornare a essere un forte servizio pubblico che faccia da traino, non che venga trainato dalla tv commerciale». Alle nomine si è detto estraneo: «Il Consiglio di amministrazione deve decidere in base a professionalità e competenza, non per le appartenenze politiche. Non ho mai telefonato e non telefonerò a un direttore Rai per chiedere assunzioni. Chiamo solo per lamentarmi dei servizi. Non mando a dire le cose, se mi incazzo io alzo il telefono». Menichini gli ha anche chiesto un giudizio su Fidel Castro.

Fassino l’ha liquidato: «È il leader di un movimento rivoluzionario che, nonostante sia considerato un simbolo positivo, ha instaurato un regime oppressivo e liberticida».

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