Mimmo Di Marzio
Artisti si nasce o si diventa? Nella Milano del business e della moda, larte si adegua, o almeno ci prova. Tutti, chi più chi meno, tendono a lamentarsi di una città dove mancano un museo darte contemporanea, spazi pubblici espositivi adeguati, e dove le agevolazioni per le iniziative culturali sono scarse. Poi però, come cantava il vecchio adagio, tutti «vegnen chi a Milan». Perché? Il motivo è che proprio qui, anche per larte, prospera il mercato vero, quello del collezionismo privato e delle gallerie, oltre 200 in città, che muovono un volume d'affari di oltre 50 milioni di euro lanno. E allora gli artisti sanno che se vogliono avere successo in Italia è meglio che passino da queste parti. Le regole, però, sono ferree. Per emergere, gli artisti devono imparare a sfruttare tutti gli anelli della catena del sistema dell'arte, ovvero: il mercato delle gallerie, la critica, leditoria di settore, i collezionisti, fino ai musei. A Milano questi anelli, tranne lultimo, ci sono tutti e in prima fila. E allora non stupisce che un artista emergente già riconosciuto dal mercato possa guadagnare fino a 100mila euro lanno, un artista medio già affermato fino a 250mila, mentre un top a livello nazionale superi i 500mila euro. Altro che bohème. «Si tratta di cifre comunque inferiori rispetto a quelle degli artisti del mercato internazionale», precisa il critico Alessandro Riva, che nei primi anni 90 fondò la cosiddetta Officina Milanese, generazione gravida di pittori di successo benedetti dalla penna di Giovanni Testori: come Luca Pignatelli, Velasco, Giovanni Frangi, Alessandro Papetti, Petrus. Con loro e dopo di loro, lesercito di giovani e giovanissimi ansiosi di apparire in copertina e di entrare nello star system, si è quasi decuplicato. «Ciò è abbastanza normale - dice Riva - se consideriamo che le gallerie giovani pronte ad accoglierli sono proliferate e così pure le riviste che parlano darte». Il «convitato di pietra» è, manco a dirsi, Maurizio Cattelan, padovano ma milanese dadozione, oggi considerato maestro incontrastato del marketing applicato allarte e le cui opere oggi valgono milioni di euro. Restando sulla Terra, oltre ai «testoriani», la nuova pittura ha dato alla luce altri nomi consolidati, come Marco Cingolani, Margherita Manzelli, Federico Guida, Davide Nido, Barbara Nahmad e Dani Vescovi.
Su un circuito parallelo, legato alla ricerca di linguaggi trasversali tra nuovi media, figurazione e anche scultura, spiccano il gruppo di Studio Azzurro, Stefano Arienti, Luca Pancrazzi, Patrick Tuttofuoco e altri. Per tutti valgono le regole del mercato che si sviluppa in varie fasce e negli ultimi anni ha sviluppato forme di marketing nuove e più dirette al grande pubblico. Un caso emblematico è quello di «Italian Factory», network costituito a Milano secondo regole più simili a quelle di una casa di produzione cinematografica che a quelle di una galleria darte. Il progetto è quello di promuovere, con un marchio registrato, il recupero della pittura degli anni Duemila, contaminando larte con i linguaggi del marketing e della pubblicità. Ogni anno Italian Factory, che organizza mostre in spazi pubblici e privati (come la collettiva «Miracolo a Milano» lo scorso anno a Palazzo della Ragione), emette un bando di concorso per tutti gli esordienti sotto i 30 anni e i vincitori del premio vengono arruolati nella «scuderia». Altre occasioni per gli artisti emergenti provengono direttamente dal mercato editoriale, come nel caso del «Premio Cairo», istituito dalla Giorgio Mondadori che edita il mensile «Arte», tra le riviste di settore più diffuse. Il premio, la cui ultima edizione è attualmente in mostra alla Permanente, viene ormai considerato dai giovani pittori e scultori, unoccasione ghiotta per fare un salto di qualità nel mercato, considerata lattenzione che riceve, oltre che sulla rivista, da galleristi e collezionisti.
Loro di Milano fa ricchi i giovani artisti
Un emergente già riconosciuto dal mercato può guadagnare fino a 100mila euro allanno, ma uno affermato può arrivare anche a 500mila
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