«Dopo l’oro la nuova sfida: lo sport contro i clan»

«Vedete, noi in questa palestra inventiamo nuove parole. E io, ai ragazzi di Scampia dico: voi non dovete vincere, ma migliorarvi. Che poi significa vincere». Parla così Pino Maddaloni, il campione olimpionico di 32 anni che ha aperto una palestra a Scampia, nel quartiere in cui è cresciuto, per strappare i bambini - come dice lui - ai clan e ai videogiochi.
Lei dice che avete costituito un clan per combattere i clan, in che senso?
«Gliel’ho detto, noi combattiamo anche con le parole. E quindi siamo un clan, il clan dei Maddaloni. Un clan che ha l’unico obiettivo di far vincere lo sport».
Quanto pagano i bambini del quartiere per iscriversi da voi?
«I bambini non pagano nulla. Gli adulti qualcosa, facciamo quote per famiglie. Ormai sono quasi 400 i piccoli iscritti».
È vero che la palestra è in difficoltà?
«Sì, perché la Regione ci aveva promesso 70mila euro ed è arrivata a darcene 35mila, e poi ha detto, dalla mattina alla sera, “scusateci, non ci sono più soldi”».
E come farete?
«Dovremo chiudere. Però adesso il ministro Meloni ci ha fatto avere un fondo di 20mila euro, resistiamo fino a Natale, e poi vedremo».
Può nascere un campione a Scampia?
«Io sono arrivato all’oro, partendo da qui. Mi allenavo in una cantina, correvo intorno alla villa comunale quando era degradata. Mi batto perché questi bambini abbiano ancora più possibilità di me».
Quindi sfornerete nuovi campioni?
«Ci sono già. Qui, più coraggio di noi ce l’ha solo chi si laurea.

Non c’è nemmeno una cartolibreria, solo per comprare una penna devi fare tre chilometri».
Qual è la cosa più difficile?
«Quella che è anche la più bella: sostituire la bellezza dello sport e dell’amicizia alla dittatura solitaria delle Playstation».
LT

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