«Per la dedizione, la passione, lumanità con cui svolge da 43 anni la professione di ristoratore nello storico quartiere del Ticinese. Per aver trasformato la sua trattoria in un luogo di scambio culturale, sociale e politico, dove il profitto è messo in secondo piano privilegiando la comunicazione e lamicizia». Virgolettato che è ode a un oste, famoso per le birre a basso costo, per le sue rinomate polpette e per il suo locale. Anzi, pardon per il «Bar»: il «Rattazzo», che negli anni è rimasto sempre uguale, fedele sempre e solo a se stesso.
Ode che nel 2005 accompagnò lAmbrogino doro assegnato a Piero Rattazzo ovvero al sessantanovenne trattore più famoso e, da poco, tra i più ricchi di Milano che da poche settimane ha chiuso i battenti. Al suo posto pannelli neri, già colmi delle scritte dei graffitari. Nemmeno le insegne sono rimaste per ricordare lantico «splendore» del locale, situato a dieci passi dalle Colonne di San Lorenzo. Il povero Piero «sfrattato», come si legge in una delle tante pagine web a lui dedicate, dal luogo che ha gestito per ben 43 anni.
Commozione dannata firmata da chi come Davide Tinelli, ex consigliere comunale di Rifondazione, aveva proposto lAmbrogino doro. Commozione per la scomparsa del luogo cult della sinistra milanese, quella dove si ritrovavano Toni Negri, Pietro Valpreda, Armando Cossutta e il mieux con leskimo indosso. Commozione per la dipartita del caro compagno Piero e della sua attività e, forse, perché no, anche per la modica cifra che «Guru», nota marca di abbigliamento, ha sborsato per accaparrarsi langolo di paradiso a metà strada tra il Duomo e la Darsena: tre miliardi del vecchio conio.
Ma partiamo dal principio. Rattazzo arriva a Milano dal Piemonte alletà di 17 anni e lavora come barman in locali storici della città, ad esempio la Crota Piemunteisa di via Sacchi, diventandone direttore. Nel 1962 si mette in proprio e apre un negozio al civico 83 di corso di Porta Ticinese, il «Rattazzo», dove vende vino. Unenoteca come tante, quindi? Non proprio, perché Piero cavalca il Sessantotto e lì si ritrovano quelli di Avanguardia operaia, Movimento studentesco, Lotta continua e via dicendo.
Lenoteca della sinistra radical chic si trasforma poi nel 1971 in una trattoria con mescita di vino, e Piero la conduce con laiuto della moglie e dei figli. Piatto tipico: le polpette ovvero una rivisitazione della classica ricetta dei mondeghili alla milanese.
Col tempo, dopo i compagni con leskimo arrivano i punk e i punkabbestia ma anche scrittori come Pietro Colaprico, Nico Colonna e, sorpresa, è sempre lì - racconta online Tinelli - che nasce Smemoranda, lagenda-diario più famosa dItalia. Storia di ieri e di oggi, con una certezza: in qualsiasi modo la si voglia pensare Piero Rattazzo è e rimarrà uno degli uomini che ha saputo «vendersi» meglio, giocando le sue carte nel modo giusto. Almeno fino ad ora.
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