L’Ucraina va a votare ma il vincitore c’è già: la Russia di Putin

PASSATO La folla in piazza è solo un ricordo così come la voglia di guardare a Occidente

KievNon ci sono giovani, tende e bandiere sulla piazza dell’Indipendenza, il luogo che, nel 2004, fece di Kiev la capitale di una rivolta pacifica contro il governo filo russo e contro i brogli elettorali. Domani l’Ucraina va alle urne per scegliere il nuovo presidente, ma questo sembra un pomeriggio come gli altri: i ragazzi passeggiano fra le vetrine del centro, vecchie signore vendono fiori e mandarini agli angoli delle strade, la polizia sorveglia le auto ai semafori.
I candidati favoriti di queste elezioni, Yulia Timoshenko e Viktor Yanukovic, hanno programmi simili. Assicurano aiuti alle famiglie in difficoltà, promettono un sostegno all’agricoltura, dicono che proseguire la lotta alla corruzione deve essere una priorità del governo. La politica estera, il tema principale nella campagna del 2004, è finita in secondo piano per colpa della crisi economica. In Ucraina si parla di bancarotta ormai da mesi: il Fondo monetario internazionale ha promesso aiuti al Paese (c’è un prestito da 16 miliardi di euro già pronto) ma aspetta segnali di fiducia da Kiev prima di concedere il via libera. Nel frattempo, le grandi fabbriche, le acciaierie e le miniere tagliano migliaia di posti di lavoro. Gli analisti concedono un deciso vantaggio a Yanukovic, che guida il partito delle Regioni, un movimento filo russo molto popolare fra gli operai. «Finalmente è arrivato il momento di metterci alle spalle la rivolta arancione», ha detto ieri, nell’ultimo comizio elettorale. Il candidato crede che l’Ucraina potrebbe entrare nell’Unione europea in futuro, ma respinge con forza l’ipotesi dell’adesione alla Nato. Ha molti consensi nella parte orientale del Paese e il suo punto di vista si fa largo anche nelle grandi città, dove la crisi ha effetti più evidenti: i prezzi stanno salendo, l’edilizia è ferma e il malcontento aumenta. Yanukovic viene da Donet’sk, al confine con la Russia, ed è legato alla lobby dell’industria pesante. Poteva diventare presidente nel 2004, ma dovette rinunciare al successo per le accuse di brogli. Per evitare che accada ancora, questa volta in Ucraina sono arrivati più di mille osservatori (fra loro, 19 deputati italiani).
Timoshenko è il presidente del Consiglio. Cinque anni fa ha partecipato alla rivolta arancione, ma con il tempo ha assunto una posizione più pragmatica. Negli ultimi mesi è anche volata a Mosca per incontrare il premier russo, Vladimir Putin, e fissare nuove condizioni per il transito del gas e del petrolio attraverso l’Ucraina. Per questo Paese passa l’80% del combustibile russo usato nel Vecchio continente. Gli scontri tra la leadership filo occidentale di Kiev e il Cremlino hanno mandato in crisi più volte il sistema di distribuzione negli ultimi anni, mettendo in allarme i governi europei. Con due candidati filo russi quasi certi di raggiungere il ballottaggio, è possibile che la guerra del gas sia destinata a una lunga tregua.
Anche il presidente uscente, Viktor Yushcenko, si presenta alle elezioni ma ha scarse possibilità di riuscire. I giovani che fecero la rivoluzione continuano a considerarlo un eroe, ma la maggior parte della popolazione non è soddisfatta dei suoi cinque anni al potere: aveva promesso di portare l’Ucraina in occidente, ma l’unica cosa occidentale che c’è oggi a Kiev è il prezzo delle case.

Per molti, le elezioni di domani segnano la vera fine della rivolta arancione, ma questo non significa che Yushcenko sia destinato ad abbandonare le scene: negli ultimi giorni, un giornale ucraino ha parlato di un possibile patto con Yanukovic per formare un governo dopo le elezioni.

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