Marcello Foa
LUnione europea li aggira, i loro militanti li smentiscono, Israele li minaccia: per i leader di Hamas quella di ieri è stata una giornata nera. Perdenti su tutti i fronti. E i palestinesi iniziano a dubitare dellautorevolezza di un movimento che proprio sulla credibilità ha costruito il suo successo, in contrapposizione a un gruppo, quello di Fatah, corrotto e inefficiente.
La notizia più importante proviene non da Gaza, ma da Bruxelles: lUnione europea ha deciso di sbloccare stanziamenti per altri 100 milioni di euro. Unottima notizia per lAutorità nazionale palestinese, che è sullorlo della catastrofe finanziaria da quando lOccidente ha bloccato la maggior parte degli aiuti e Israele il trasferimento degli introiti doganali. Il capo negoziatore Saeb Erkat, vicino al presidente Abu Mazen, è soddisfatto: «La decisione europea è encomiabile», anche se meno generosa di quanto sperato. Hamas è furiosa. «È una decisione deplorevole, nellambito di una politica ostile nei nostri confronti», dichiara il ministro dellInformazione, Youssef Rizka. E non è difficile capire la ragione della sua rabbia: la Ue farà arrivare gli aiuti direttamente ai palestinesi bisognosi, saltando il governo.
«Abbiamo creato un meccanismo che ci permetterà da un lato di finanziare ospedali e cliniche a corto di mezzi, dallaltro di aiutare direttamente singoli cittadini palestinesi in difficoltà», spiega il commissario Ue Benita Ferrero-Waldner, al termine del Consiglio europeo svoltosi a Strasburgo. Partner delliniziativa: la Banca Mondiale; garante: lo stesso presidente Abu Mazen. Il progetto sarà operativo ai primi di luglio, non appena ottenuto il via libera del Quartetto, composto dalla stessa Unione europea, dagli Usa, dalla Russia e dallOnu.
«Neanche un centesimo passerà attraverso lesecutivo di Hamas», insiste la Ferrero-Waldner, illustrando una decisione che mette a disagio i fondamentalisti: fino allanno scorso loro erano gli unici a sostenere materialmente la popolazione civile tramite una formidabile rete di assistenza sviluppata in un ventennio. Ora non soltanto non sono in grado di far funzionare il Paese, ma si vedono scavalcati dagli europei nelle vesti di benefattori dei diseredati.
Hamas - che la comunità internazionale continua a considerare unorganizzazione terrorista - sbanda. Di fronte al mondo, ma anche sul fronte interno. Giovedì lufficio del premier aveva offerto una nuova tregua ad Israele, lasciando intendere di essere pronto a interrompere i lanci di missili Qassam e di voler riporre i piani di una nuova offensiva terroristica contro lo Stato ebraico.
Ma ieri è arrivato un inatteso rifiuto. Da parte di Israele? No, da parte dellala militare di Hamas. E non per vie indirette, ma con una dichiarazione pubblica: «Non siamo interessati a fare offerte o avanzare proposte - afferma il portavoce Sami Abu Zhuri -. Solo quando loccupante cesserà le uccisioni e i crimini contro il nostro popolo potremo esaminare lipotesi di un cessate il fuoco». Il messaggio è esplicito: le armi non saranno riposte. Le ripercussioni politiche sono imbarazzanti: lesecutivo di Hamas dà limpressione di non controllare più le fazioni armate, il che rischia di provocare un ulteriore irrigidimento da parte di Israele.
Basta attendere qualche ora per riceverne conferma. «Se i residenti nella Striscia di Gaza non si impegneranno a far cessare il lancio di missili Qassam, inaspriremo gli attacchi decidendo passi che finora non abbiamo ancora compiuto», avverte il ministro della Giustizia dello Stato ebraico, Haim Ramon, in unintervista radiofonica. E subito chiarisce le sue intenzioni: «La leadership di Hamas non può considerarsi al sicuro. Se necessario colpiremo anche loro». Già nei giorni scorsi i servizi di sicurezza avevano lasciato intendere di essere pronti a eliminare il premier palestinese Ismail Hanyeh e i suoi principali collaboratori. E più di un commentatore aveva collegato limprovvisa offerta di tregua a tali avvertimenti.
Di certo, Israele non scherza.
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