Lultima «arma» nelle mani di Hitler
26 Agosto 2005 - 00:00Ministri, generali, principi, il figlio di Stalin, i parenti di Churchill...: sono gli ostaggi eccellenti razziati da Gestapo e SS e rinchiusi nella «Alpenfestung»
da Villabassa (Bolzano)
A poche settimane dalla resa delle forze nazifasciste, il 14 aprile 1945, nella residenza di Mussolini, presso Villa Feltrinelli a Gargnano, si svolse una riunione tra i rappresentanti tedeschi e i massimi dirigenti di Salò. Fu in questa occasione che il segretario del partito, Alessandro Pavolini parlò del Ridotto Alpino Repubblicano, oggi più noto come ridotto della Valtellina: il luogo dove si sarebbe dovuta organizzare la difesa finale della Rsi e celebrare il rito della «bella morte» dellultimo fascismo. Lesposizione di Pavolini fu accolta con ironico disinteresse dai tedeschi, consapevoli della velleità di quel piano di resistenza, una volta paragonato con quello da tempo messo a punto dalle forze naziste.
Nellestate del 1944, immediatamente dopo il fallito attentato contro Hitler, Himmler aveva predisposto la costituzione di unampia enclave fortificata: lAlpenfenstung (Fortezza alpina) che si sarebbe dovuta estendere dallAlta Baviera, alla Marca di Salisburgo, al Tirolo, allAlto Adige, comprendendo la cinta dolomitica e le Alpi Carniche. Allinterno di questo baluardo, le ultime forze del Reich dovevano attestarsi, in attesa di un probabile rovesciamento di fronte che le avrebbe viste schierarsi a fianco delle armate inglesi e americane per respingere la minaccia delle truppe sovietiche ormai sul punto di dilagare anche nellEuropa occidentale. Lasciato cadere dallo stesso Himmler, agli inizi del 1945, il progetto Alpenfenstung veniva invece mantenuto in vita dal responsabile dellAlto commando di sicurezza del Reich, Ernst Kalterbrunner, deciso a servirsi di una nuova e antichissima «arma segreta»: i numerosi ostaggi eccellenti razziati dalla Gestapo in tutti i Paesi europei investiti dalla furia nazista a partire dal 1940, che potevano essere utilizzati in operazioni di ricatto e di rappresaglia. Delle loro vicende, nella fase finale del conflitto, ci parla il volume di Hans-Günter Richardi Ostaggi delle SS nella Alpenfestung (Editon Raetia) che ha fornito loccasione per la mostra fotografica, allestita nel Museo del Turismo di Villabassa, in Val Pusteria, con il titolo «Ritorno alla vita», aperta fino al 2 ottobre.
Raggruppati sotto il titolo altisonante di Ehrenhäftlinge («prigionieri donore»), gli ostaggi costituivano un vero e proprio Gotha internazionale. Francesi, come gli ex primi ministri Léon Blum, Daladier, Reynaud, il capo di Stato maggiore Maurice Gamelin, il generale Weygand che aveva condotto lultima resistenza contro le armate naziste sulla Somme, il principe Saverio di Borbone, fratello dellimperatrice dAustria, Zita. Inglesi, come due lontani parenti di Churchill. Russi: il figlio di Stalin, Jakob, e il nipote di Molotov, Wassilij Kokorin, ambedue ufficiali dellArmata Rossa. Greci: Alexandros Papagos, comandante supremo dellesercito ellenico, con gran parte del suo stato maggiore. Ungheresi: il figlio del reggente Horty e il primo ministro Kallay. Olandesi e Austriaci, come il ministro della difesa van Dijk e il cancelliere Schuschnig.
Nellelenco non mancavano anche prigionieri di riguardo italiani: Mafalda di Savoia, che perirà a Buchenwald nel corso di un bombardamento; il figlio del maresciallo Badoglio, Mario, Tullio Tamburini e Eugenio Apollonio, responsabili della forze di polizia della Rsi fino allottobre del 1944, quando, sospettati di doppiogioco con gli Alleati, furono arrestati su ordine del generale Wolff e deportati in Germania. Infine, Sante Garibaldi, pronipote dellEroe dei due Mondi, che unitosi alle forze della resistenza francese era stato catturato nel giugno del 1943.
La lista degli ostaggi eminenti non terminava qui. Insieme ad altri dignitari politici e militari danesi, norvegesi, jugoslavi, polacchi, la piovra nazista stringeva nei suoi tentacoli i cosiddetti Sippenhäftlinge, i familiari degli oppositori al regime nazista, coinvolti nellattentato della Tana del lupo contro Hitler: mogli e figli dellaristocrazia militare prussiana che aveva organizzato il tirannicidio e persino il principe ereditario Rupprecht di Baviera dellantica dinastia dei Wittelsbach.
Circa 130 Sippenhäftlinge e Ehrenhäftlinge, fino a quel momento imprigionati in condizioni critiche, presso alloggiamenti riservati nei lager di Dachau, Buchenwald, Ravensbrück, venivano deportati verso la Fortezza Alpina, a partire dallinizio di febbraio del 1945, con la destinazione finale di Innsbruck. Si tratterà di unanabasi allucinante, in una Germania ormai prossima al collasso finale, sconvolta dai raid alleati e ormai attraversata dalla linea di fuoco di combattimenti. Unanabasi percorsa sotto la continua minaccia di essere passati per le armi dai loro carcerieri, che conoscerà una provvidenziale deviazione verso lAlto Adige. I prigionieri, arrivati a Villabassa, il 28 aprile, vengono accuditi e rifocillati dalle autorità locali e poi rapidamente liberati da un piccolo contingente della Wehrmacht che armi alla mano costringe la scorta delle SS a sgombrare il campo. Sia lintervento delle autorità altoatesine che quello dei militari tedeschi non è disinteressato. I prigionieri speciali rimangono ostaggi importanti per le future trattative con le potenze vincitrici. Gli altoatesini sperano grazie alla loro azione di ottenere il ricongiungimento del loro territorio allAustria. Il comando tedesco sa che leventuale eliminazione dei detenuti da parte delle SS farebbe fallire loperazione «Sunrise», nome in codice delle trattative che avrebbero portato, il 29 aprile, alla resa delle truppe germaniche in Italia.
La vita dei prigionieri è comunque salva. Questi raggiungono un rifugio sicuro in un hotel dolomitico sulla riva del lago alpino di Braies, sotto la protezione delle truppe tedesche. I pericoli non sono però completamente finiti. Si teme infatti un ultimo colpo di coda delle SS, un assalto da parte di militari sbandati, ma soprattutto lattacco di reparti di partigiani della Brigata Garibaldi, intenzionati, forse per conto del Pci, a mettere le mani sul prezioso bottino di vite umane.
La vera liberazione avverrà solo il mattino del 4 maggio con larrivo del 339° reparto di fanteria della 85ª divisione della Quinta Armata statunitense. Come per molti europei, anche per i Sippenhäftlinge e gli Ehrenhäftlinge il ritorno alla vita coincise con il regno dellabbondanza. Generi alimentari, sigarette, sapone, vestiario offerti generosamente da umili soldati e graduati americani a coloro che rappresentavano un campione significativo delle élite politiche, diplomatiche, militari della vecchia Europa. Era anche questo un segno emblematico del declino di un continente, che aveva ormai dilapidato le proprie energie nel corso di una lunga e terribile guerra fratricida, alla fine della quale si offuscava il tradizionale discrimine tra vincitori e vinti.
eugeniodirienzo@tiscali.it