Roberto Fabbri
Il rock? Pericolosissimo, come del resto anche il cinema decadente occidentale. Meglio, molto meglio farlo sparire dalle radio di tutto lIran, e dedicare spazio ai rassicuranti filoni della tradizionale musicale nazionale.
È lultima crociata (absit iniuria verbis) dellislamicissimo presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, ormai avviato a diventare il mito di un certo tipo di conservatori ottusi, diffusi purtroppo non solo nel mondo musulmano. Il capo dello Stato diventato famoso per le sue sparate sulla presunta falsità dello sterminio degli ebrei, contro il diritto a esistere dello Stato di Israele e sullopportunità di trasferire in massa i suoi abitanti in Germania o in Austria, ha deciso adesso di dedicarsi a temi culturali. A modo suo, naturalmente, cioè negando, vietando e minacciando.
«La promozione della musica occidentale e decadente dovrebbe essere evitata - si legge in un decreto presidenziale - e lattenzione dovrebbe essere posta sulla musica iraniana, quella autorizzata, classica, artistica». La stampa - già da tempo sotto la frusta del regime - ha debitamente ripreso i consigli di Ahmadinejad, che invita a preferire non solo «i temi rilassanti», ma anche «la memorabile musica della tradizione rivoluzionaria». Il decreto non arriva inatteso. Già nello scorso ottobre il Supremo consiglio culturale rivoluzionario (presieduto indovinate da chi? Ma da Ahmadinejad stesso, ovviamente) aveva sentenziato che «bloccare la trasmissione della musica occidentale e indecente alla radiotelevisione della Repubblica islamica dellIran è un obbligo».
La musica satanica contro cui lancia i suoi strali il presidente dellIran è per esempio quella di autori immorali ma musicalmente soft come Eric Clapton, George Michael o gli Eagles, i cui brani non di rado vengono (anzi, venivano) usati come sottofondo nei programmi radiofonici. Di autentici, ancorché attempati, satanassi come i Rolling Stones o i Deep Purple nemmeno se ne parla: già censurati da un pezzo. Evidentemente il presidente iraniano ricorda la lezione dellUnione Sovietica, di cui si disse che almeno un bastione, quello della fedeltà al regime delle giovani generazioni, era stato fatto crollare dalla musica dei Beatles.
Mentre Ahmadinejad si preoccupa di far pulizia a modo suo nelletere iraniano, altri pezzi da novanta del regime islamico tornano sul tema preferito, quello dello sterminio degli ebrei. Ieri si è espresso in tutta la sua autorevolezza il Grande Ayatollah Ali Meshkini, che non per nulla presiede unAssemblea religiosa detta «degli Esperti», che ha il compito di eleggere la Guida della Rivoluzione. «Alla fine della Seconda guerra mondiale - ha detto lillustre religioso sciita - gli ebrei diffusero la diceria che Hitler aveva sterminato oltre sei milioni di loro bruciandoli nei forni crematori, allo scopo di apparire nel ruolo di vittime e rovesciare così la situazione a loro favore». Davvero un bellesperto, così impegnato negli studi da non aver mai trovato il tempo di fare una visita ad Auschwitz o a Mauthausen.
Ma lenormità delle loro dichiarazioni non impedisce ai vertici del regime iraniano di insistere sullargomento anche sotto un profilo operativo.
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