L’ultima perla di Uòlter: "Elezioni? Cose da nemici dell’Italia"

Il progetto politico del redivivo Veltroni: tradire il voto del 2008 e dar vita a un governo tecnico. Ecco come il Pd intende la democrazia

Roma Un tempo non avrebbe fatto un passo senza il consenso popolare. Già... Un tempo. Ma non poi così lontano. Soltanto tre anni fa Veltroni si era trovato a competere contro Berlusconi per conquistare il voto e la fiducia degli italiani. Per dare lezioni di democrazia a tutti (e soprattutto al suo avversario) invocò le primarie. La direzione del PD sapeva perfettamente su quale cavallo puntare ma accettò il teatrino «democratico» dei seggi nelle sezioni. Era il 14 ottobre del 2007. Walter Veltroni vinse le prime primarie del centrosinistra. E non di misura sui diretti concorrenti (lo indicarono il 75,8% dei votanti). «Uno splendido esempio di democrazia!» gongolavano i leader del PD. Erano altri tempi, però. Oggi Veltroni non ha più bisogno del mandato popolare. Il voto non sembra più necessario. Intervistato dal direttore di Sky Tg24, Emilio Carelli, l’ex segretario del Pd sgombra il campo da dubbi e incertezze. «L’idea di andare a elezioni anticipate la può avere soltanto chi è nemico dell’Italia». Ovviamente non intende salvare il governo presieduto da Silvio Berlusconi (definito addirittura «nemico dell’interesse nazionale»). Veltroni pensa, piuttosto, a un governo di responsabilità nazionale che abbia il vantaggio di evitare le urne di domani e di dimenticare quelle del 2008 (che avevano a larga maggioranza scelto proprio Berlusconi e la sua coalizione come forza di governo).
Veltroni parla espressamente di «voltare pagina». E già immagina un «governo che veda insieme tutte le forze disponibili ad assumersi la responsabilità di evitare al Paese un’avventura». Insomma un’azzardata equazione tra voto popolare e lotteria. Niente male per un perfetto democratico.
Forse l’ex leader del Pd non si accorge dei più elementari risvolti che il suo ragionamento comporta. Ci pensa Sandro Bondi, coordinatore del Pdl, ad aprirgli gli occhi. Veltroni vuol portare al governo chi ha perso le elezioni ma senza passare per una nuova consultazione, spiega il ministro della Cultura. Ci va giù più pesante Anna Maria Bernini (Pdl) che liquida la proposta del dirigente PD come «intrighi da basso impero».
Veltroni, secondo Bondi, vuol dare corpo al mostro giuridico di un «governo delle opposizioni». E in questa ambizione faustiana l’ex leader del Pd si ritrova in buona compagnia. Al suo fianco, in questo mefistofelico laboratorio, può contare su Fini e i suoi sodali. Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, vede in questa proposta una «avvilente manovra di palazzo» che intende «rovesciare le decisioni prese e ribadite democraticamente dagli elettori nel 2008, nel 2009 e quest’anno».


«Ormai è tutto chiaro - conclude Capezzone - si vuole colpire Silvio Berlusconi, e si vogliono rovesciare le scelte compiute dagli italiani. Non deve essere consentita né l’una né l’altra cosa. O c’è questo governo, o si deve restituire la parola agli italiani».

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