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L’ultima spiaggia della Francia alla deriva

Non siamo ancora ai materassi (espressione di Mario Puzo ne Il Padrino) ma a un passo dalla dichiarazione di guerra sì. Tra Lippi e la stampa italiana, naturalmente. Come nel copione classico di un mondiale che si rispetti. Accadde anche nel 2006 prima dell’idilliaco clima seguito alla notte folle di Berlino, della colazione a Viareggio, ospiti del Ct in congedo, e della foto-ricordo scattata con tutti i cronisti dell’avventura dinanzi al suo mare preferito da Marcello. A Duisburg volarono parole grosse, anche allora, ne furono rispiarmiati i suoi eroi accusati di aver riferito preziosi dettagli della preparazione.
Per ora, a Centurion, c’è posto solo per qualche battuta, seguita da maliziosi riferimenti e da una riflessione non proprio amabile per la categoria («anche qui ce ne sono di banditi») seguita da una replica appuntita di un collega fiorentino («siamo gli stessi di quattro anni fa») ma l’incidente diplomatico è dietro l’angolo. Sfiorato dopo una citazione classica tesa a segnalare il suo ottimismo della ragione. «Il nostro mondiale deve ancora cominciare» il senso tradotto in modo figurato da «i cavalli si misurano al palo, come diceva Jesse James». «Ma era un bandito!» gli ha ricordato qualcuno. Lippi non ha fatto una piega: «Embè, dov’è lo scandalo della citazione? Anche in questa sala ce ne sono tanti».
Capito il clima di ieri mattina a Centurion? Al ritorno da Nelspruit e dal deludente 1 a 1 con la Nuova Zelanda, il ct ha radunato la sua truppa, ha dotato tutti di un pallone su cui sedersi e si è esibito in un predicozzo dai toni duri in qualche passaggio, consolatori in altri. Nel riferire in sala stampa ha scelto il passaggio di maggiore interesse per la sua missione: caricare a pallettoni la truppa senza spaventarla. «È stato un colloquio teso a prenderci la nostre responsabilità. Ho detto loro che ci sono due modi di giudicare le nostre prove, uno positivo e l’altro negativo, ho aggiunto che non tutto è deciso, il bicchiere non è tutto vuoto come lo vedete voi giornalisti. Ho ricordato inoltre ai giocatori che questi sono i momenti in cui bisogna stare attenti a non cadere nelle trappole che vengono dall’esterno. Chiamiamole trappolette, trappole per topi. In ogni caso quello che conta è ciò che ci diciamo in campo, persino le mura dello spogliatoio hanno orecchie» è la prima parte dello sfogo.
Seguito da una sorta di pronostico, a tinte azzurre. «Non vi dovrete meravigliare se questa squadra comincerà a fare risultati giusti. E soprattutto non vi dovrete dispiacere» l’altra stoccata spedita alla comunità di carta stampa e tv. Argomento utilizzato per fare il contro-canto agli incubi di Capello. «Non vorrei che all’Italia venisse il terrore del mondiale, come Capello ha detto a proposito della sua Inghilterra. Non c’è motivo, tutto può ancora succedere e comunque anche arrivare secondi nel girone non è un dramma, non è detto che affrontare i rivali più famosi si dimostri alla fine un inconveniente» il riferimento ai possibili abbinamenti di ottavi e quarti di finale.
Messo da parte l’elmetto, Lippi è stato in grado anche di fornire risposte esaurienti ai rilievi più comuni da cui è stato bersagliato. Ha cambiato troppo, schemi e interpreti, per esempio. «Ma in carriera mi sono sempre comportato così, l’ho fatto pure in Germania e non mi avete mai censurato. L’ho fatto tutte le volte in cui ho provato a cambiare qualcosa per migliorare la fattura del gioco» la replica. Smentito, invece, il declino fisico.

Ammesso il deficit di qualità nelle giocate: «È vero, ho parlato con gli interessati e ho spiegato loro che si trovano qui grazie a certe giocate, le devono tentare anche in Sudafrica». Per chiudere una garanzia a nome della sua Nazionale. «Non siamo in crisi né io né i ragazzi. Con un po’ di fortuna faremo molto di più».

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