Negli anni 80 ebbe fortuna lo slogan che lanciava un noto amaro meneghino: «Milano da bere», che poi fu infelicemente attribuito alla Milano di tangentopoli. Da dimenticare. Ora Milano deve pensare in grande, senza strafare però. Da qui al 2015, lanno dellExpo, ci sono sette anni, numero astrologico e cabalistico per eccellenza, che le antiche religioni consideravano sacro (le sette meraviglie del mondo, le sette piaghe dEgitto, i sette samurai, le sette vite dei gatti). Di consigli e suggerimenti, a Palazzo Marino, ce nè uno spreco in questi giorni. Noi non ne daremo. Ci si lasci dire una cosa sola: Milano non è da cambiare, come alcuni presuntuosi innovatori vanno sentenziando, semmai cè da ripristinare lantica serietà, potenziarne le attività culturali, profittare delle sue eccellenze universitarie, chiamare a raccolta le élite e farle esprimere liberamente. Ci sono già la Scala, il teatro Strehler, Brera, il Cenacolo di Leonardo, la Triennale e altro ancora. Non guasterebbe certo qualcosa che restasse alla città come a Parigi restò la tour Eiffel.
Attenzione, a non offendere il gusto e il buon senso. Sindaco, ora tocca al suo talento e al suo equilibrio.
****
Piccole storie a margine di una grande avventura.
Lultima stecca del demagogo della via Gluck
Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.