L’ultima tecnica è il «pacco» via Web

Cambiano i tempi, cambiano le tecniche, ma la sostanza rimane in fondo la stessa. Basta guardare il nome dell’ultima arrivata nel variegato mondo delle truffe che si nascondono dietro il paravento delle Onlus: «parcelling». Da «parcel», la parola inglese per «pacco». I maestri del raggiro alla napoletana stanno valutando se intentare una causa civile per i diritti d’autore. Il parcelling è un tipo di truffa on-line che sfrutta la predisposizione favorevole dell’opinione pubblica per il mondo del volontariato, coniugandola con la potenza comunicativa dei siti web di social network (principalmente «Facebook»). Una miscela potenzialmente così esplosiva da spingere il colonnello Umberto Rapetto, responsabile del Gat (il Nucleo speciale frodi telematiche della Guardia di finanza) a lanciare l’allarme.
Alla base del parcelling c’è un’associazione umanitaria fasulla, creata da gruppi criminali. Attraverso siti web, banner pubblicitari e email, la banda contatta le potenziali vittime invitandole a collaborare a una (finta) attività di volontariato a favore di popolazioni bisognose. Una volta accettato di aderire - il che capita spesso, visto che non è richiesto alcun esborso - gli iscritti ricevono una richiesta d’aiuto: con la scusa della mancata disponibilità di uffici o magazzini adeguati, viene chiesto loro di ospitare per pochi giorni nelle proprie case la merce destinata orfanotrofi, missioni o centri di assistenza africani. Chi dice di sì anche questa volta, finisce nella dritto dritto nella trappola.
A questo punto infatti i cyber criminali, utilizzando carte di credito clonate o delle quali hanno ottenuto illegalmente i codici, comprano su internet oggetti costosi (tv al plasma, pc portatili, cellulari e simili), fornendo come luogo di recapito della merce l’indirizzo del «volontario» appena caduto nella rete. Questo, appena ricevuti a casa i pacchi, seguendo le indicazioni ricevute, informa l’organizzazione. I malviventi vanno con un furgone a casa del raggirato, caricano la merce, salutano e se ne vanno. E quando i possessori delle carte di credito clonate si accorgono della truffa e fanno scattare la denuncia, il volontario si vede arrivare a casa la Gdf: solo allora capisce che invece di aver cooperato come volontario con un’associazione benefica, ha fatto il ricettatore per un’associazione a delinquere.


«Quando si decide di aiutare associazioni di beneficenza – ha sottolineato il colonnello Rapetto – è sempre bene acquisire prima informazioni sulle organizzazioni cui si intende offrire la propria collaborazione, non dimenticando che presso l’Agenzia delle entrate esiste la cosiddetta “Anagrafe unica” delle Onlus».

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