L’ultimo danno delle catastrofi: in un anno spesi 222 miliardi

Benvenuti nell’«industria» delle catastrofi. Sciagure naturali, certo; ma anche un enorme business, fin troppo «umano» (e non sempre nell’accezione più nobile del termine). Basti pensare che ormai in Italia non c’è temporale che non comporti da parte di Comuni, Province e Regioni l’immancabile richiesta di «stato di calamità»; col risultato che - quando la «calamità» arriva davvero - i soldi non ci sono più perché annegati nel fiume degli sprechi. Ora, se moltiplichiamo questi scandali su scala planetaria, avremo ben chiaro come l’«azienda» dei cataclismi - a volte veri, ma spesso fasulli - possa raggiungere «fatturati» da record.
La riprova viene dalle stime dello studio annuale Sigma di Swiss Re, che ha calcolato come la «holding» delle catastrofi sia costata all’economia mondiale circa 222 miliardi di dollari nel 2010: oltre il triplo rispetto ai 63 miliardi di dollari del 2009. Globamente, secondo i calcoli degli esperti, la spesa per il settore mondiale dell’assicurazione hanno raggiunto nel 2010 i 36 miliardi di dollari, pari a un aumento del 34% rispetto all’anno precedente. In particolare, il costo delle catastrofi naturali è stato di circa 31 miliardi di dollari, mentre il costo dei disastri causati dall’uomo è stati di circa 5 miliardi.
Da gennaio ad oggi le catastrofi naturali e quelle di natura tecnica hanno già provocato nel mondo 260 mila morti, il dato più alto numero dal 1976. Nel 2010, il numero di persone che ha perso la vita nelle catastrofi risulta nettamente superiore a quello dell’anno scorso, quando Swiss Re aveva registrato 15 mila vittime: «Il netto aumento è dovuto al terremoto che ha colpito Haiti in gennaio ed ha causato oltre 222.000 morti», spigano gli analisti della Swiss Re.
La catastrofe più «costosa» è stata invece il sisma che ha scosso il Cile in febbraio, costato 8 miliardi di dollari al settore delle assicurazioni.
Ma quello del catastrofismo ambientale è un fronte su cui i media internazionali stanno finalmente rivedendo le proprie idee. Ricordate, ad esempio, il tormentone sui danni «catastrofici» del riscaldamento globale? Titolo tratto dal Corriere della Sera : «Allarme Mar Artico: tra dieci anni sarà scongelato». Tutti d'accordo? Macché; dopo qualche tempo, ecco la risposta catastrofista climaticamente contraria: «Sole troppo pallido, rischiamo il gelo» (La Repubblica del 3 ottobre 2008). Insomma, dobbiamo temere il «troppo caldo» o il «troppo freddo»: né l'uno né l'altro, trattandosi entrambe di solenni bufale.
Ma a fare il paio con la retorica del catastrofismo è anche l’elegia degli «aiuti ai Paesi poveri». Salvo poi scoprire che gli enti preposto a questi fantomatici «aiuti» sono autentici mostri mangiasoldi funzionali solo alla sopravvivenza di se stessi, alla faccia delle «popolazioni bisognose del Terzo Mondo»...
Ma lo show del buonismo deve andare avanti. In questa tragica pantomina, gli interessi in gioco sono troppo forti. E così le Nazioni Unite hanno lanciato ieri l’ennesimo appello alla raccolta di fondi per finanziare le «operazioni umanitarie d’urgenza nel mondo nel 2011»: un totale di 7,4 miliardi di dollari, la somma più alta mai richiesta. Anche il numero di beneficiari non ha precedenti: 50 milioni di donne, uomini e bambini in 28 Paesi colpiti da catastrofi e conflitti.
«È il più alto contributo mai richiesto da un appello di fondi. Riflette la scala, la frequenza e la complessità delle situazioni di crisi nel mondo - ha affermato a Ginevra, Valerie Amos, vicesegretario generale per gli affari umanitari e coordinatore per le emergenze umanitarie -. Decine di milioni di persone avranno bisogno di aiuto per sopravvivere, spesso a causa di catastrofi naturali».


L’appello giunge al termine di un ampio processo durante il quale 425 organizzazioni di assistenza - agenzie specializzate dell’Onu, organizzazioni non governative ed altre organizzazioni internazionali - hanno esaminato come rispondere alle più grandi sfide umanitarie. Un vorticoso giro di riunioni, simposi e convegni internazionali costato milioni di euro. In nome della lotta alla povertà...

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