da Parigi
«Perché paghi il parcheggio? Tanto ci sono le elezioni...». Questa frase, apparentemente surreale, fa parte da decenni del gergo francese. I presidenti eletti a suffragio universale diretto - Charles De Gaulle nel 1965, Georges Pompidou nel 1969, Valéry Giscard d'Estaing nel 1974, François Mitterrand nel 1981 e nel 1988, Jacques Chirac nel 1995 e nel 2002 - hanno festeggiato la vittoria con qualche gesto di generosità nei confronti degli automobilisti, colpevoli delle solite marachelle. Ma una volta il mandato presidenziale durava sette anni e la cosiddetta «amnistia delle contravvenzioni» era un caso davvero eccezionale. Adesso dura cinque anni e - continuando su questa strada - gli automobilisti francesi saranno indotti a infischiarsene un po' troppo sovente del codice della strada. Così si è scatenato il dibattito sull'opportunità o meno di procedere all'attesissima sanatoria. Gli automobilisti, che costituiscono una lobby elettorale tutt'altro che trascurabile, hanno in mente i generosi colpi di spugna del passato, quando già due o tre mesi prima della fatidica data elettorale parcheggiavano l'auto senza troppi scrupoli, nella convinzione che in ogni caso - tirando un po' in lungo senza pagare la multa - alla fine tutto sarebbe finito nel dimenticatoio della Repubblica.
Già nel 2002 Jacques Chirac ha ridotto il campo d'applicazione del provvedimento di clemenza e stavolta le associazioni che si battono per la sicurezza stradale chiedono una crescente severità al suo successore. Nessuna amnistia e nessuno sconto per infrazioni gravi e pugno di ferro anche per i divieti di sosta. Oggi chi parcheggia a Parigi in un luogo autorizzato, ma dimentica di pagare il talloncino all'apposita macchina sul marciapiede, rischia di dover sborsare 11 euro. Chi, invece, parcheggia in spazi proibiti, come quelli consacrati allo scarico merci, rischia una multa di 35 euro e anche il carro attrezzi.
Interrogati da una rivista specializzata nel settore delle quattro ruote, i principali candidati all'Eliseo hanno dato risposte contrastanti circa le loro intenzioni sull'eventuale «amnistia delle contravvenzioni». Il leader del centrodestra Nicolas Sarkozy ha detto che lui non farà alcuna amnistia. Sostiene che preferisce rischiare di perdere voti piuttosto che favorire il mancato rispetto delle leggi. Sulla stessa linea c'è il centrista François Bayrou, secondo il quale la sanatoria delle multe automobilistiche sarebbe «un atto incivile». Nientemeno. I candidati di sinistra all'Eliseo sembrano più flessibili. La socialista Ségolène Royal dice che deve «ancora riflettere su questo argomento» e si riserva di prendere pubblicamente un posizione prima del 22 aprile, quando il corpo elettorale sarà chiamato ai seggi per il primo turno delle presidenziali. La comunista Marie-George Buffet e il trotzkista Olivier Besancenot sono invece favorevoli all'amnistia, ma le loro chances di varare un provvedimento di tale natura sono praticamente nulle, visto che non entreranno certamente all'Eliseo.
Come se non bastasse, c'è il partito delle malelingue. Quelle secondo cui anche i «duri» di oggi - leggasi Sarkozy - diventeranno dei teneroni una volta messo piede al palazzo della presidenza.
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