L’Unione grazia i giudici: salta il taglio degli stipendi

Fabrizio Ravoni

da Roma

In una sola giornata saltano quattro articoli della Finanziaria. La commissione Affari costituzionali della Camera ne stralcia tre. La commissione Giustizia, uno. Nell’ordine vengono tolti dalla manovra: la chiusura delle Prefetture in Comuni con meno di 200mila abitanti (art. 33); i maggiori controlli che la Ragioneria generale dello Stato avrebbe dovuto fare sulle spese locali (il 44); l’autorità sulle spese degli enti locali (il 45); e viene cancellata la norma che prevedeva il taglio degli stipendi a magistrati (art. 64).
Una scelta, quest’ultima, che il ministero della Giustizia giudica di «particolare rilievo». Non solo perchè maturata da una votazione bipartisan (come tutte le altre, del resto: lo stralcio dell’articolo sulle Prefetture era stato richiesto da An), ma perchè fa seguito «al parere del Csm che ha giudicato incostituzionale il nuovo assetto delle retribuzioni dei magistrati, perchè incide sull’autonomia e indipendenza della magistratura».
Anche alla Ragioneria dello Stato stanno controllando da vicino le prime scelte del Parlamento sulla Finanziaria. E soprattutto seguono con attenzione il dibattito politico in corso. Dei quattro articoli cancellati, solo uno agisce sui saldi di bilancio. Ed è quello che riguarda i magistrati. Il suo stralcio comporta un minore risparmio di 30 milioni nel 2007. Che dovranno essere recuperati insieme al miliardo (ma la cifra potrebbe essere inferiore) di maggiori trasferimenti ai Comuni.
Il timore degli uomini del Tesoro è che la legge Finanziaria possa essere ampiamente rivista dal Parlamento. Con la conseguenza di dover recuperare nuove risorse per tamponare eventuali falle. Visco annuncia la volontà di modificare la tassa di successione (reintrodotta con un aumento dell’imposta di registro), magari introducendo una franchigia. Il vice ministro dell’Economia non esclude nemmeno l’introduzione di un’aliquota unica al 20% sugli affitti. Una misura che da sola costerebbe «uno o due miliardi». Da qui si può comprendere la preoccupazione del Tesoro di fronte alle modifiche annunciate. A cui si aggiunge l’ipotesi di mettere mano all’operazione sul Tfr.
Se dalla scelta di dirottare il 50% del flusso di Tfr inoptato all’Inps venissero escluse le piccole e medie imprese, ci potrebbero essere rischi sia sul fronte del deficit sia sull’autorizzazione europea. Oggi l’operazione viene contabilizzata per 6 miliardi. Considerato che le piccole e medie imprese rappresentano il 90% delle aziende italiane (ma non assorbono il 90% dell’occupazione), la copertura dell’operazione potrebbe essere difficile se si vogliono comunque assicurare gli investimenti in infrastrutture. La Finanziaria, infatti, prevede che se salta il Tfr (o viene limitato) vengono automaticamente ridotti i trasferimenti ad Fs ed Anas.
La Commissione europea ha annunciato che Eurostat aveva dato un via libera ufficioso all’operazione sul Tfr. In quanto considerava il trasferimento una sorta di contributo delle aziende al risanamento dei conti.

Se vengono introdotte modifiche all’operazione sul Tfr (come quelle relative all’esclusione delle piccole e medie aziende), viene meno l’interpretazione originale. E, quindi, l’autorizzazione ufficiosa dell’organo statistico europeo. Con il rischio di incorrere in una procedura d’infrazione per «aiuti di Stato».

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