Per l’Unità d’Italia una «gelida manina» è meglio di Wagner

Egregio dott. Granzotto, dato che lei è compaesano del nostro Capo dello Stato e quindi conoscitore di aspetti della di lui personalità a me, caledoniano, preclusi, mi potrebbe spiegare che c’azzecca costui con una prima della Scala in cui il titolo dell’opera è in tedesco (Die Walküre), il soprintendente dell’ente è Lissner, francese, l’opera è di un tedesco, Wagner, il direttore d’orchestra è Barenboim, argentino-israeliano, il regista Cassiers, belga, il tenore è neozelandese, un basso è britannico e un altro ucraino, il soprano è svedese, due mezzosoprani sono uno russo e uno francese, il coreografo e la costumista sono olandesi? E tralascio la composizione dell’orchestra e del coro. Le chiedo: è così che il nostro nume costituzionale ci indica di considerare l’Unità d’Italia? È così che vuole difendere la cultura italiana applaudendo una manifestazione quasi completamente straniera?
Padova

Mi spiace, caro Caldognetto, ma non sono compaesano del chiaro Giorgio Napolitano. Non è che mi dispiacerebbe essere napoletano, però la cicogna altrove, mi depositò. Lei, piuttosto, che si dice caledoniano. Scusi la mia ignoranza, ma cosa intende? È forse francese, nativo della Nuova Caledonia? O si dice tale sentendosi antico, appartenente al secondo periodo geologico dell’era paleozoica detto giustappunto, caledoniano? Nell’uno e nell’altro caso le sue acute osservazioni meritano il plauso. Vero: la brigata e il programma scaligero era tutto meno che tricolore e nel bel mezzo delle celebrazioni (sotto il patrocinio del Capo dello Stato) del cento cinquantenario di quel bingo che fu l’unità d’Italia, bé, sì, non è carino. Va bene che essendo universale la cultura non conosce frontiere e nazionalità, però, ecchediamine, magari il datore di luci, quello potevano sceglierlo fra i nostri. A dir la verità bisognava cominciar a scegliere bene partendo dall’opera in cartellone. E sempre tenendo l’occhio al cento cinquantenario, un bel Verdi ci sarebbe andato a fagiolo col suo Va pensiero ovvero la colonna sonora del Risorgimento tutto un magone (epperò sorvolando sul fatto che Nabucco e I Lombardi alla prima crociata, altra trasfigurazione postuma dell’epopea unitaria, Peppino Verdi le dedicò a due Asburgo, la figlia dell’arciduca Ranieri Viceré del Lombardo Veneto e Maria Luigia, duchessa regnante di Parma, Piacenza e Guastalla. Visto che siamo qui, vogliamo ricordare che Guarda che bianca luna, notturno per soprano e tenore, il cigno di Busseto lo dedicò a ’o Re Nasone - Bomba, per gli ostili -, Ferdinando II delle Due Sicilie?).
Ma poi che idea appioppare a un signore di certa età come Giorgio Napolitano quasi cinque ore di Wagner, e tutte insieme. Niente da dire, Wagner è un grande, un Maestro; Hitler a parte, Wagner è Cultura con una maiuscola grande così. La Cavalcata delle valchirie, poi, è una roba che ti trascina e ti sballotta più e meglio dell’uragano Katrina. Adesso le vestali della cultura e i melomani che a Bayreuth sono di casa non s’adombrino, però Wagner è anche capace di farti slogare la mascella per l’entità dello sbadiglio. Lo so, non si dice, non sta bene, ma che nel corso dell’interminabile esecuzione di Die Walküre la palpebra s’appesantisca e tenda a calare, che sopravvenga quella condizione di rilassamento muscolare per cui il capo ciondola (fenomeno chiamato in romanesco «cannatelle»), suvvia, è un fatto appurato. Se poi non si è avvezzi e per di più avanti con gli anni, per mantenere lo stato di veglia, come sicurissimamente ha fatto il nostro Presidente, ce ne vuole.

Non era meglio una bella Boheme e la sua gelida manina o meglio ancora la Turandot, con quel «Nessun dorma» dove il Principe ignoto gli dà le baie a Siegmund e se è per questo anche a Wotan? A sipario calato, assieme all’applauso si sarebbe potuto gridare se non viva l’unità d’Italia almeno viva il made in Italy, che è già qualcosa, non trova, caro Caldognetto?
Paolo Granzotto

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