Cultura e Spettacoli

L’Unità emette la fatwa su Martinelli

Non vale davvero la pena scegliere un linguaggio, i termini meno offensivi, per commentare l’intera pagina dell’Unità di ieri dedicata al regista Renzo Martinelli e al suo film in lavorazione: Il mercante di pietre. Già, perché non di informazione si tratta, sia pure scorretta, ma di un vero e proprio avviso di taglia. «Martinelli incita alla “guerra santa” con un set degno di Bossi e Fallaci»: questo il delitto, corpo nove su sette colonne. Il premio per chi lo consegnerà «vivo o preferibilmente morto» consisterà in un permesso di soggiorno illimitato e il conseguente diritto al voto per il Leone d’oro «alla carriera» (del terrorista, ovviamente). La «fatwa», a firma Gallozzi Gabriella, vomita per duecento e più righe accuse velenose appena camuffate da ironia pecoreccia, nei confronti del regista e dei suoi attori.
Harvey Keitel, l’osannato attore di Scorsese, protagonista del film, viene presentato «in lente braghe di maglina bianca, ormai ha poco del “cattivo tenente”». Murray Abraham, Oscar per Amadeus, «in canottiera e ciabatte». Roba da ospizio bulgaro. E che dicono, questi due rottami? Ovviamente, il contrario di quanto dice il regista. O meglio, il contrario di quello che la Gallozzi fa dire al regista. Meglio ancora, quello che la Gallozzi fa dire loro in contrasto con quello che ha fatto dire al regista.
Se a Martinelli si fa dire «mantenendo i principi della democrazia non siamo in grado di fronteggiare il terrorismo», ecco che Abraham «sembra» avvisare: «Attenzione a non finire come a Londra. Cinque colpi alla testa ed è stato ammazzato un brasiliano... in questo modo facciamo il gioco degli integralisti».
Il mestiere lo conosciamo, cara signora, e alle volte fa proprio schifo. «Ci si vergogna di avere in mano una tessera di giornalista», scriveva Sciascia.
Il «gioco degli integralisti» lo fa lei, signora Gallozzi, con il suo vicino di pagina Toni Jop che mette un carico da undici. «Martinelli a chi gliela racconti?» titola la sua colonnina d’appoggio. Anche per lui, Martinelli «deve aver pensato»: «magari l’Unità mi dedica una “scomunica”». Dubito che Martinelli lo abbia pensato, ma la scomunica è arrivata ugualmente. Un gioco sporco, con l’aria di follia che tira. Un gioco in cui, per la verità, il giornale fondato da Gramsci, mai aveva coinvolto chi, con qualsiasi linguaggio, intendesse esprimere la propria opinione.

Dissenso sì, pregiudizio mai.

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