«L’Unità» sedotta dal suo editore

Come dice apertamente Giampaolo Pansa, numero uno dei giornalisti e profondo studioso della materia oscura chiamata Pd, il dopo-Veltroni è ormai scontato: si chiama Renato Soru. Dopo essersi comprato l’Unità, il signor Tiscali impegnerà queste prossime settimane nella campagna elettorale per riprendersi - o riperdersi - il governo della Sardegna, ma poi punterà deciso su Roma. Che vinca o che perda. Non importa. Il risultato sardo non inciderà sul progetto. Come spiega sempre Pansa nel suo Bestiario: «Se Soru vincerà, sarà merito di Soru. Se Soru perderà, sarà colpa di Veltroni».
Che Soru non sia destinato a restare personaggio isolano, governatore di periferia, vassallo di confine, lo dimostra peraltro tutto il lavoro di consolidamento dell’immagine che gli stanno febbrilmente dedicando i suoi uomini. È lui l’inviato della Provvidenza, chiamato a rimuovere i detriti veltroniani e a placare la feroce fame di Obama che il Pd si ritrova. Sarà lui l’Antagonista e l’Alternativa al nemico di sempre, l’odiato Silvio, nelle battaglie di domani. Per estendere il regno di Sardegna al Regno d’Italia, prima o poi, in qualche modo.
Ovviamente, in quanto Antagonista e Alternativa, non possono limitarsi a raccontarlo per quello che sostanzialmente è, ossia un imprenditore ipermilionario uscito dalla stessa classe sociale del rivale. Ecco allora l’accorgimento tattico: raffigurarlo come uguale, però opposto. Dopo l’espediente lessicale del «ma anche», nasce così quello del «però». Soru è capitano d’impresa, però non come Berlusconi. Soru è ricchissimo, però con un altro stile. Soru frequenta la finanza, però ha l’anima proletaria. Davvero, lo scopriranno tutti: sembra uguale, però è opposto.
Sì, cominceremo a parlarne molto, di quest’uomo. Soru non è della pasta dei Cacciari e dei Chiamparino, che tutti i giorni se ne stanno nei propri territori a fare legna, cercando disperatamente di mettere qualche tampone all’emorragia dei consensi aperta da Roma. Soru non ha nessuna intenzione di stare al confine: vuole metterci mano. E in attesa dell’arrivo nella sede centrale, gli stanno preparando la passatoia. Il patrimonio delle sue doti principali, setacciando le biografie di questi giorni, appare vastissimo. Per dire: l’altro giorno, in campagna elettorale alla Maddalena, «è sceso a piedi dalla Fortezza Arburatrice, assieme alla popolazione dell’isola, perché lui ha abitudini tutt’altro che blindate». Siamo chiaramente di fronte a un uomo fuori dal comune.
E il carattere, vogliamo parlare del carattere? Secondo l’Unità, che è il suo giornale, ma che chiaramente non si lascia influenzare da questo dettaglio, perché in Italia gli unici servi del padrone siamo notoriamente noi del Giornale, secondo la distaccata Unità, dunque, Soru «è testardo, introverso, orgoglioso: insomma, sardo». E fosse solo questo. C’è di più: «Sorrisi pochissimi. Parole elargite con grande parsimonia, con pause. Lunghe. Propensione per le barzellette: nessuna. Eleganza sobria. Preferenza per il velluto scuro, caro a stilisti come Antonio Marras, che dall’isola ha fatto balzare il suo nome in tutto il mondo, e a sarti del calibro di Paolo Modolo. Scelte di stile».
Riconosciamolo: Soru ha tutto per essere il grande leader di un grande partito. I programmi? Le idee? I valori? Questo è sullo sfondo: com’è noto, la sinistra storica ha un po’ superato la ristretta visione ideale della politica. Se trepida per Luxuria sull’Isola dei famosi, e ora anche per la pasionaria delle hostess nel Grande Fratello, è perché dà più peso ad altre qualità. Soru, come viene efficacemente sottolineato, «parla accorato, con la mano destra in tasca e la sinistra che aiuta le parole. Suda, rifiuta l’acqua, ma non il fazzoletto...». Soprattutto, la storia registra solennemente che «Soru non porta la cravatta: un rigore informale». Leggendo di quest’ultima virtù, Pansa rivela amareggiato e malinconico: «Quando da giovane andavo senza cravatta, mia madre storceva il naso. Sembri scappato di casa, diceva. Purtroppo non avevo imparato a risponderle: il mio è un rigore informale».
Pansa ha un bel dire, ma le biografie di Soru, almeno quelle sul suo giornale, sono concordi. Il nuovo che avanza - molto minacciosamente, verso il Loft di Veltroni - ha doti politiche fuori dal comune. «Soru è uno degli uomini più ricchi d’Italia, ma le sue dimore sarde non sono dotate di parchi e di anfiteatri. Ne ha tre: a Cagliari, dove vive, a Sanluri, di famiglia, a Villasimius». Con tutto questo, lui «non dà pacche sulle spalle, non regala oggetti d’arte ai suoi collaboratori e non si fa fotografare mentre fa jogging, o passeggia con i figli, la compagna, il nipote...». E se non basta, gli elementi decisivi: «Niente trucco sul viso. Nessun canale privilegiato con la stampa». Tanto meno con l’Unità, naturale.
A questo punto devo confessare come una folgorazione. Personalmente, a mano a mano che scopro il personaggio Soru, mi accorgo di essere un serio candidato alla guida della Sardegna e del Pd. Anche se non amo particolarmente il velluto e sciaguratamente non conosco il sarto Paolo Modolo, posso anch’io vantare una serie di qualità fondamentali. Non mi trucco, non porto la cravatta, non ho propensione per le barzellette, non dò pacche sulle spalle (o forse qualche volta, ma piano), non mi faccio fotografare mentre faccio jogging e mentre passeggio con i miei figli. Lo dico senza falsa modestia.

Tra parentesi, mi risulta che qualche altro milione di italiani sia in possesso di questi requisiti importantissimi. Bisognerà spargere la voce. Si sa mai, nella vita: in questa dannata congiuntura al ribasso, conviene tenersi una porta aperta. In Italia, quando non si sa più che fare, o si gioca a golf o si rilancia la sinistra.

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