Ha avuto in mano i destini del mondo e li ha portati in salvo nei cieli. Proprio da dove era arrivata lattacco terroristico più devastante della storia. Il colonnello dellaeronautica Mark Tillmann, 49 anni, del Minnesota, aveva preso possesso dellAir Force One da appena due mesi quando caricò in fretta e furia, una mattina di settembre, il presidente Bush e si rifugiò nei cieli, alla ricerca di un posto sicuro che sulla terra non cera più. Insicuro e nel mirino era anche quel Boeing 747 azzurro e argento che fa da Casa Bianca volante. Il 757 del commando suicida dell11 settembre che si schiantò su un prato della Pennsylvania aveva lordine di puntare dritto su di lui. Anzi appena decollato da Sarasota, in Florida, il controllo nazionale dei voli aveva avvertito Tillmann che altre aerei di linea avevano deviato in modo sospetto dal piano di volo e che tutti puntavano verso Sud. In rotta di collisione diretta con lAir Force One. Un aereo che in quel momento era disarmato: per difendersi aveva solo misure passive, sistemi elettronici di interdizione anti-radar e anti-missili infrarossi. Ma niente capace di proteggerlo da un velivolo suicida che punti alla collisione. Indifeso e isolato. Perché quella mattina Bush cercò invano di attivare il sistema di videoconferenza per seguire gli sviluppi della tragedia ma qualcosa non funzionava più e gli fu impossibile persino guardare la Cnn o comunicare con il proprio staff.
Poi arrivarono i quattro caccia supersonici di scorta, il dramma trovò il suo epilogo, lAir Force One atterrò, salvo, alla base ad Andrews. Dissero: «In quellora di volo Tillmannn era lunica arma in mano dellAmerica». Funzionava solo a sangue freddo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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