Lachenmann, nuove sfide ai confini dell’ascolto

Incontri-concerto col compositore tedesco domani a Monza e domenica a Milano: suona il Divertimento Ensemble

Luca Pavanel

Incontrarlo è una sfida. Per il pubblico innanzitutto, le sue note mettono a dura prova l’ascolto, affascinano tremendamente («è il Francis Bacon della musica, esplora e disorienta», annota la critica). Anche esecutori e direttori devono sudare sette camice per prepararsi. Mettere a punto il suo universo di pause e suoni.
Lui è il compositore tedesco Helmut Lachenmann, classe 1935. Per la prima volta in Italia vengono eseguiti - nell’ambito degli incontri-concerto di Rondò - alcuni suoi lavori (domani al Teatrino della Villa Reale di Monza, dalle 19.30, e domenica alla Palazzina Liberty a Milano, dalle 17). Si tratta di Serynade (al piano Maria Grazia Bellocchio) e Mouvement (orchestra); sul palco il Divertimento ensemble. «Se ho mai composto per l’Italia? - scherza al telefono - Non proprio. Ma quando ero giovane ho scritto Musica della Giudecca (poi il titolo è stato cambiato - ndr)». Omaggio a Venezia. Era la fine degli anni ’60, un periodo d’oro per la ricerca. Lachenmann volle formarsi con Luigi Nono e i periodi passati con lui si rivelarono fondamentali, non solo per lo studio della tecnica puntinistica e di mille altri segreti della composizione (poi seguì anche corsi di Stockhausen). Spiega Anna Maria Morazzoni, storica di musica contemporanea (si occupa di Schoenberg, dodecafonia e seconda scuola di Vienna: tra le altre opere ha pubblicato una raccolta di scritti di Alban Berg): «È stato l’allievo prediletto del grande maestro veneziano. Da lui ha ereditato anche l’impegno sociale. Una concezione secondo cui l’artista, con la sua opera, deve incidere sulla realtà».
In moltissimi paesi il compositore di Stoccarda è molto seguito e apprezzato. Anzi, di più. Lo scorso gennaio a Parigi il suo nome è stato accostato nientemeno che a quello del geniale Amadeus del Settecento, nel festival della Cité de la musique titolato in uno dei suoi programmi proprio Mozart-Lachenmann. Bel modo per lui di compiere settanta anni, è l’ennesimo riconoscimento di una vita messa al servizio di una ricerca personale rara e della cultura più avanzata.
«In vista del concerto milanese - racconta Sandro Gorli, fondatore e direttore dell’orchestra a cui è affidata la proposta dell’artista - io e gli strumentisti abbiamo avuto contatti costanti con il maestro. In questi giorni poi, lui li ha voluti incontrare uno a uno per preparare le singole parti». Un lavoro indispensabile su pagine tanto complesse quanto innovative, dove addirittura compaiono vocaboli musicali inediti. Ecco per gli strumenti ad arco i segni grafici dell’«effetto vento»: l’archetto suona direttamente sul ponticello. Ora Lachenmann pensa «a lavori con suoni tradizionali», ma sempre nell’ambito di una ricerca trasfigurata.

Ma perché queste frontiere?
Il compositore ama ricordare la risposta di Stockhausen a un anziano violoncellista costretto a suonare un suo brano che considerava «non musica» e gli chiedeva il perché dovesse farlo. Il maestro di Colonia, dopo un breve silenzio, rispose lapidario: «Per rimanere giovani».

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