«Restate con noi». Non è l’invito di un presentatore televisivo prima della pausa pubblicitaria, ma il senso dell’accorato appello rivolto dal numero uno di Confindustria, Emma Marcegaglia, ai presidenti del sistema che ruota attorno a Viale dell’Astronomia.
Il blitz di Sergio Marchionne, che ha deciso di dire basta ai compromessi col sindacato, ha fatto male. L’esempio è già stato seguito da alcune imprese come le Cartiere Pigna, i tessili di Prato e la Gallozzi Group di Salerno. E l’emorragia potrebbe proseguire senza un qualche intervento. Così Emma Marcegaglia ha preso in mano carta e penna e si è lasciata andare ad alcune considerazioni.
«Dobbiamo essere più che mai forti e uniti per affrontare una grave crisi internazionale e per aiutare il nostro Paese a uscirne a testa alta», ha rilevato aggiungendo che vi sono «vantaggi evidenti» a stare «dentro il sistema associativo». Che sono più o meno gli stessi dell’adesione a un qualsiasi programma-fedeltà a punti (sconti sulle tariffe energetiche, sulle consulenze fiscali, eccetera) senza il famoso articolo 8 della manovra di Ferragosto che dà maggiore flessibilità ai rapporti di lavoro. L’aver sottoscritto l’accordo sulla contrattazione con Cgil, Cisl e Uil, «non impedisce alle aziende associate un pieno accesso agli strumenti» dell’articolo 8, cioè la derogabilità alle norme previste dagli accordi nazionali.
Sono tutte osservazioni che non modificano la realtà, ma la descrivono. E che manifestano, a tre giorni dal «gran rifiuto» di Marchionne, quanta rabbia covi ancora dentro per aver perso l’associato più prestigioso della confederazione. La scelta di Fiat va «rispettata», ha chiosato, ma «non posso non esprimere il mio disappunto per le motivazioni». Secondo il presidente, infatti, la scelta del Lingotto farebbe emergere «una qualche oggettiva convenienza a stare fuori dal nostro sistema». Ovverosia, sconfesserebbe in toto l’operato di Marcegaglia nel suo quadriennio alla guida.
Ecco perché ella non può non ripetere l’invito «restate con noi» citando la testimonianza del ministro del Lavoro Sacconi il quale aveva precisato come l’accordo interconfederale non pregiudicasse i contenuti della manovra in materia di lavoro. In fondo, anche in quell’intesa ci sono delle novità come l’esigibilità degli accordi (ovvero un rafforzamento dell’obbligo ad adempiere da parte dei lavoratori) e la possibilità di modificare in sede aziendale il contratto nazionale. Tutto vero. Come è vero che quel protocollo sancisce ufficialmente il ruolo del sindacato come interlocutore unico dell’azienda. Una morsa alla quale l’amministratore italo-canadese di Fiat ha voluto sottrarsi.
«Insieme - ha concluso - potremo cogliere appieno tutte le opportunità che in questi anni difficili siamo stati capaci di costruire». Il contenuto stesso della lettera pare appunto rivolgersi al passato più che al futuro: Marcegaglia, al termine del suo mandato, non vuole consegnarsi alla storia come il presidente di Confindustria che, nell’ordine, ha visto ridursi il peso «politico» della confederazione, ha perso l’iscritto numero uno e l’ha condannata a un abbraccio mortale con il sindacato «rosso», la Cgil.
Il futuro, però, è gia cominciato. E se qualcuno se ne fosse dimenticato ci ha pensato il presidente di Telecom, Franco Bernabé, a ricordarlo. «Alberto Bombassei è il candidato giusto per questa fase di vita della Confindustria», ha dichiarato ieri inaugurando di fatto la campagna elettorale al di là delle discese in campo più o meno ufficiali. Non è un endorsement di poco conto giacché il numero uno del principale operatore telefonico italiano è un manager che proviene dalla scuola Iri e che rappresenta un trait d’union fra finanza e politica.
In realtà, il presidente di Brembo non si è nascosto dietro un dito e in recenti interviste ha dato la propria disponibilità alla successione.
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