L'antipolitica scuote pure Napolitano: "Questa è una situazione pericolosa"

Il capo dello Stato preoccupato: "No alla sterile negazione, serve partecipazione e voglia di riforma. E i media evitino i sensazionalismi"

L'antipolitica scuote pure Napolitano: 
"Questa è una situazione pericolosa"

Roma - Grillo no, guai, non lo nomina nemmeno. Ma le grillate, e cioè il «qualunquismo», «la denuncia indiscriminata e approssimativa», il «perdere di vista l’interesse generale», quelle sì che stanno infastidendo il presidente della Repubblica. Il clima è pesante, la sfiducia è tanta, l’antipolitica dilaga. «Sì, è una situazione pericolosa», conferma Giorgio Napolitano, preoccupato per gli attacchi «alla politica e alle istituzioni». Attenzione quindi a non buttare l’acqua sporca e il bambino: «Questo è un mondo che merita e richiede ogni disvelamento e approfondimento critico, ma con la misura atta a suscitare partecipazione e volontà di riforma piuttosto che sterile negazione e, in definitiva, senso di impotenza».

Stai lontano da Grillo, devono avergli detto i consiglieri, attento a non farti coinvolgere nella polemica-pulp dell’antipolitica scatenata dal comico genovese. Ma il capo dello Stato evidentemente non ha seguito il suggerimento. «Ho toccato un argomento delicato - dice nel Salone dei Corazzieri, durante la cerimonia di presentazione dei premi giornalistici - che sarebbe stato più comodo, forse, tralasciare, anche perché può apparire sospetto a seconda della collocazione personale e politica di chi lo affronta». Io però, spiega Napolitano, non voglio schierami da nessuna parte, «ho soltanto l’assillo del rafforzamento della vita democratica e delle istituzioni repubblicane».

Così il presidente dice la sua, pure quando, come in questo caso, sarebbe più «comodo» e prudente restare in silenzio. «Per me - confida durante un rinfresco offerto nel Salone delle Feste ai rappresentanti del mondo dell’informazione - sarebbe più conveniente cavalcare tutto o estraniarmi del tutto. Io ho scelto di non fare né l’uno né l’altro». Traduzione: potrei diventare popolarissimo «pertineggiando», dando cioè spago agli umori e alle insoddisfazioni che vengono dal basso, o potrei anche chiudermi nella torre del Quirinale. Invece non faccio nessuna delle due cose. E quindi, se è inutile tirami la giacca, strattonarmi per farmi prendere posizioni politiche o dare giudizi che non spettano al Quirinale ma al Parlamento, è ancora più inefficace sperare che io rimanga zitto di fronte a questioni che riguardano le istituzioni e il bene comune.

Dunque adesso, di fronte a una vasta platea di giornalisti, parla. Il capo dello Stato parte dal difficile rapporto tra notizia e sensazionalismo. «È un tema grande e complesso. La discussione è sempre aperta sul come coniugare principio di libertà e principio di responsabilità, anche e in particolare quando si indaghi, si informi, si denunci in materia di politica e istituzioni». Il bivio si affronta «esercitando la propria libertà di giornalisti, senza accettare censure o infliggersi autocensure», sentendosi però «responsabili delle possibili ricadute, dal punto di vista dell’interesse generale, di quello che si scrive».

Ma il problema è più ampio del recinto dell’informazione. «È doveroso - insiste il presidente - essere consapevoli del danno che possono procurare le rappresentazioni unilaterali della realtà del Paese e delle ricadute che può avere la denuncia indiscriminata e magari approssimativa, non puntuale, ma sensazionalistica dello stesso mondo della politica e delle istituzioni». Vale per i giornali, ma certamente vale pure per gli agit-prop dei nostri giorni. Gli organi di informazione spesso sono accusati di alimentare qualunquismo e antipolitica: «I mass media dicono: “Noi raccogliamo e riflettiamo la realtà”. ma, dico io, dipende pure da come questa realtà si raccoglie e si riflette».

Insomma, diamoci tutti una regolata, conclude Napolitano, che esalta il valore sociale della stampa. «Oggi non sento il dovere di ripetere l’omaggio convinto alla funzione essenziale di un’informazione libera e pluralistica in ogni sistema democratico». Una affermazione «intatta», quasi scontata.

Piuttosto, «voglio insistere in modo particolare sul ruolo che giornali e tv portano avanti nella lotta contro la criminalità organizzata». E tra i tanti premiati, c’è anche Roberto Saviano, l’autore di Gomorra che ha deciso di tornare a vivere a Casal di Principe.

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